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Anno edizione: 2017
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Nel 1887 la giornalista investigativa Nellie Bly, fingendosi una rifugiata straniera, senza lavoro e famiglia, afflitta da paranoia, si fece rinchiudere per dieci giorni nel manicomio dell’isola di Blackwell, allo scopo di scoprire le reali condizioni di vita delle donne ricoverate. Il reportage che ne viene fuori è a dir poco scioccante e di un’attualità sconvolgente. Una donna coraggiosa, Nellie Bly, talmente coraggiosa da fingersi una malata di mente, sperimentando su se stessa tutto ciò che quelle povere sventurate donne dovevano subire ogni giorno: vergognosi maltrattamenti fisici e psicologici e derisione da parte del personale infermieristico, indifferenza e incompetenza da parte dei medici (su 17 dottori solo 2 si curavano realmente dello stato di salute quotidiano delle proprie pazienti), cibo scadente e disgustoso, condizioni igieniche pressoché inesistenti e vestiario insufficiente per affrontare la stagione invernale. Un vero incubo. In un luogo del genere, o muori di pazzia o muori di polmonite, e forse la morte era davvero vista come l’unica via di fuga da quel manicomio. Era facile entrare presso l’istituto psichiatrico dell’isola di Blackwell, ma era impossibile andarsene. Come appurò personalmente Nellie, la maggior parte delle pazienti ricoverate erano perfettamente sane dal punto di vista mentale, capaci sia di intendere che di volere. Ma perché allora erano finite in quel posto orrendo? Alcune perché erano semplicemente bizzarre, altre perché erano emigrate o povere, altre ancora perché erano semplicemente donne sole. Un libro forte, che fa riflettere profondamente Vi ho riscontrato, purtroppo, numerose analogie con l’attuale sanità (o meglio malasanità) pubblica. Ora non esistono più i manicomi, ma basta entrare per qualche ora in un ospedale pubblico per rendersi conto della disorganizzazione della struttura, ma soprattutto dell’incompetenza e della disumanità della maggior parte di medici e infermieri, profumatamente remunerati.
La giornalista Nellie Bly fu incaricata di scrivere un articolo su un istituto femminile americano, nel quale venivano internate le "alienate", o comunque le donne ritenute tali. Nelly accettò di portare a termine il proprio compito, ma, per svolgerlo bene, dovette capire come l'Istituto fosse gestito. Fu costretta, quindi, a fingere una malattia mentale per infiltrarsi e "toccare con mano" il trattamento riservato a queste deboli e sfortunate creature. Nonostante qualche dubbio su come ingannare i medici, la giornalista riuscì facilmente a farsi internare: nessun medico era veramente interessato allo stato psichico delle malcapitate, nessuna infermiera mostrava un minimo di umanità! "Dieci giorni in manicomio" è il risultato di una permanenza all'inferno. Un libro intenso, che colpisce e inorridisce, ma che fornisce un quadro oggettivo e veritiero delle condizioni estreme a cui molte donne furono obbligate all'interno di un edificio squallido, freddo e ostile come una prigione.
Nellie Bly, giornalista, nel 1887 si finse pazza per riuscire ad entrare nel manicomio situato nell'isola di Roosevelt (ai tempi Blackwell Island).Lo scopo ovviamente era quello di vedere con i suoi occhi e portare alla luce le vere condizioni in cui si trovavano qui le donne ricoverate. Nellie Bly scopre, senza troppo stupore, che le condizioni di vita a Blackwell sono tremende, e le pazienti spesso non sono affatto pazze, ma solo povere e sole.Scopre anche che è molto facile entrare, ma difficilissimo uscire.Donne lasciate al freddo giorno e notte, senza poter fare assolutamente nulla , maltrattate da personale di dubbia professionalità e nutrite poco e male.Condizioni che potrebbero portare alla pazzia anche chi è perfettamente sano. Un inferno a più gironi, di cui Nellie Bly vede solo una parte, ma viene a sapere comunque che "i casi gravi", nel loro reparto, rischiano veramente la morte ogni giorno.Non se la sente di andare così a fondo e dopo dieci giorni riesce facilmente a uscire grazie al giornale per cui lavora, ma attraverso i suoi reportage forse è riuscita a portare un po' di aiuto alle donne che avrebbe tanto voluto portare via con sè. Un libricino interessante, che a noi in realtà non dice molto di nuovo, anzi, descrive abbastanza bene la triste idea di manicomio che abbiamo a suon di libri e film... Resta comunque raggelante, perchè non è un film, è una storia vera, è un reportage.E diventa impressionante se lo si guarda dalla prospettiva dell'epoca in cui è stato scritto.
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