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Anno edizione: 2001
Anno edizione: 2014
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Il Diario è "il" libro di Anaïs Nin. È la sua vita creata, il filtro attraverso il quale setaccia la sua esperienza in un disegno significativo. È anche il suo guscio e il suo confessionale.
Il Diario di Anaïs Nin, reso pubblico nel 1966, fu per decenni oggetto di pettegolezzi e congetture. Solo qualche amico ne aveva potuto leggere qualche pagina; Henry Miller diceva che questo diario avrebbe trovato posto accanti ai grandi capitoli dell'autobiografismo occidentale: Sant'Agostino, Rousseau, Proust. Il Diario è "il" libro di Anaïs Nin. È la sua vita creata, il filtro attraverso il quale setaccia la sua esperienza in un disegno significativo. È anche il suo guscio e il suo confessionale: «Ho un ritmo naturale nel diario... quello che produco fuori di esso è una distillazione, è il mito, il poema.»
Questo primo volume inizia nel 1931, nell'epoca in cui Anaïs Nin sta per pubblicare il suo primo libro, D. H. Lawrence, che le conferì il riconoscimento pubblico come scrittrice. Termina nell'inverno del 1934, quando Anaïs lascia Parigi per raggiungere New York. Anaïs scrive sui treni, ai tavolini dei caffè, mentre aspetta per un appuntamento: come un talismano, porta il diario sempre con sé. «Questo diario è il mio kief, il mio hashish, la mia pipa d'oppio. È la mia droga e il mio vizio. Invece di scrivere un romanzo, mi sdraio con questo libro e una penna, e indulgo in rifrazioni e diffrazioni.»
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Il diario di Anais Nin, reso pubblico nel 1966, fu per decenni oggetto di pettegolezzi e congetture. Henry Miller, suo grande amico, diceva che questo diario avrebbe trovato posto accanto ai grandi capitoli dell’autobiografismo occidentale: Sant’Agostino, Rousseau, Proust. E’ un’opera faraonica. L’intera stesura avrebbe contato qualcosa come 15000 pagine dattiloscritte. Il lavoro di una vita. Ad oggi, invece, sono stati pubblicati solo quattro volumi di circa 400 pagine l’uno. Il diario è privo di una vera e propria trama. L’autrice era solita annotare pensieri e illuminazioni ai tavoli dei caffè o in attesa di un treno o aspettando l’inizio di un film. Principalmente parla della sua vita totalmente dedicata all’arte. Non solo a quella personale ma anche e soprattutto a quella degli altri. Ci racconta il suo tentativo di agevolare la vita di molti artisti per rendere più facile la loro opera. Fu lei a pagare la pubblicazione di “Tropico del cancro” di Henry Miller. Fu lei ad ispirare le performance teatrali di Antonin Artaud. Fu lei a riportare alla vita un luminare della psicoanalisi come Otto Rank, caduto nella paranoia di un’esistenza divorata dal suo stesso lavoro. Una mecenate dei giorni nostri che, al posto di elargire denari, si preoccupava del sostentamento dell’anima dei suoi assistiti. Un animo candido e scaltro al servizio della Parigi bohémienne degli anni trenta. Fitto e pregno di altissime elucubrazioni, il diario ci illumina sulla personalità dell’autrice e sulle mille sfaccettature del suo carattere. Lo consiglio vivamente a tutti gli idioti che ancora credono nella superiorità del proprio sesso. Anais Nin arriva ad un livello di consapevolezza e di intelletto che, onestamente, il 90 % degli uomini neppure si sogna.
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