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E' uno dei più bei libri che ho letto. Non lo consiglierei a tutti perchè è piuttosto criptico a volte, inoltre l'interpretazione del mondo da parte della protagonista è molto intellettuale e poco di pancia. Ma proprio perchè non è per tutti lo considero una vera chicca da non perdere.
Non so se questo libro possa definirsi un capolavoro letterario dal punto di vista strettamente estetico, in quanto pur trattando fatti e questioni di esplosiva drammaticità psicologica, il loro innesco nell'animo del lettore potrebbe risultare attardato, se non distolto, da un approdo espressivo più simile ad una compiaciuta esercitazione intellettuale dell'autrice, piuttosto che ad una improrogabile liberazione poetica o, appunto, esplosione del suo animo. Sto tentando di dire che qui, secondo me, l'immedesimazione del lettore nei pur obiettivi strazi autobiografici dell'io narrante viene compromessa dalla difficoltà di un genuino approdo simpatetico estraneo laddove la stessa protagonista sta orgogliosamente mostrando quanto già è stata brava lei a sublimare in arte le proprie vicende dolorose. Ora, come c'è traccia "perfino" sui comuni vocabolari, la poetica in generale è l'arte di suscitare emozioni, a prescindere dalla forma e dal campo espressivo, codificate o meno: per esempio pittura, musica, letteratura, scultura, architettura e così via, ma pure chessò le capriole di un clown. E qui invece si crea, sempre a mio sommesso parere, una sorta di inevitabile cortocircuito tra lettore e lettura: perché se si tratta di lettore culturalmente adeguato al tipo di narrazione, egli tenderà ad apprezzare la forma, ma meno ad emozionarsi su sofferenze già così orgogliosamente sublimate e alienate dalla stessa vittima; mentre un lettore diciamo più naif magari all'inizio si farà abbacinare da estemporanei bagliori emotivi, ma tenderà a stancarsi per la difficoltà dell'approccio culturale. Elemento di interesse a sé è la scoperta sconcertante delle "bieche sordidezze dell'ambiente e dell'epoca" (v. copertina), raro esempio di raffinato gossip d'autore. Non posso chiudere senza citare l'ottimo traduttore Francesco Bruno, al quale va tutto il mio apprezzamento per l'abilità e la santa pazienza con cui ha saputo destreggiarsi tra i frequenti e compiaciuti bisticci cui, a volte troppo, si presta la lingua francese.
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