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Con una prosa tagliente e inquietante, Un dettaglio minore va al cuore di un'esistenza segnata dall'annullamento e dalla privazione di sé, com'è la vita nella Palestina occupata, rivelandoci quanto sia ancora difficile riunire i frammenti di una narrazione rimasta troppo a lungo nascosta nelle pieghe della storia.
«Un dettaglio minore è un libro breve, fatto di parole calibrate, di sentimenti trattenuti, in cui traspare forte e chiara un’emozione su tutte: la paura.» - Carmen Recupito per Maremosso
Questa storia inizia durante l'estate del 1949, un anno dopo la guerra che i palestinesi chiamano Nakba, la catastrofe – che ebbe come conseguenza l'esodo e all'espulsione di oltre 700.000 persone – e che gli israeliani celebrano come la Guerra d'indipendenza. Alcuni soldati israeliani attaccano un gruppo di beduini nel deserto del Negev, uccidendo tutti tranne un'adolescente. La ragazza viene catturata, stuprata, uccisa e sepolta nella sabbia. Molti anni dopo, ai giorni nostri, una donna di Ramallah prova a decifrare alcuni dettagli che aleggiano attorno a quell'omicidio. È colpita da quel delitto a tal punto da trasformarlo in un'ossessione, non solo a causa dell'efferatezza del crimine, ma perché è stato commesso esattamente venticinque anni prima il giorno in cui è nata. Adania Shibli sviluppa magistralmente due narrazioni che si sovrappongono e, in trasparenza, evocano un presente che non può prescindere da ciò che è stato.
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«Le foglie tremano e si flettono in avanti e poi indietro, e sono quasi sul punto di strapparsi per effetto dei violenti colpi delle raffiche di vento. Le piante, semplicemente, non oppongono resistenza. Si arrendono alla propria fragilità, al fatto che il vento può fare ciò che vuole, attraversarle, giocare con loro e con le loro foglie, passare tra i rami portando con sé l’abbaiare frenetico di un cane, spargendo quel suono in ogni direzione. E ancora, un gruppo di soldati cattura una ragazza, la stupra e poi la uccide venticinque anni prima che io nasca, questo dettaglio minore a cui le altre persone non farebbero neppure caso, rimarrà con me per sempre, malgrado me e i miei sforzi per dimenticarlo. Il fatto che sia accaduto realmente non smetterà mai di tormentarmi, perché sono fragile, delicata come gli alberi dritti di fronte a me, oltre il vetro della finestra. Non c’è niente di più importante di questo dettaglio minorese si vuole conoscere la verità assoluta sulla storia di questa ragazza, che l’articolo non rivela». Un dettaglio minore di Adania Shibli (La Nave di Teseo, 2021) reduce dalla bagarre del mancato premio alla Fiera di Francoforte 2023 a causa della guerra iniziata da Hamas rendendo troppo politicizzata l’assegnazione presenta alle stampe una storia di supremazia, esodo ed espulsione. Siamo nel 1949, un anno dopo della guerra che i palestinesi chiamano Nakba, la catastrofe, che portò all’espulsione e all’esodo di 700 mila persone, e che gli israeliani chiamano Guerra d’Indipendenza. Un romanzo crudo, sofferto, che gioca su più piani temporali, riuscendo a farci entrare in empatia con la storia narrata e lasciandoci un monito che dovremmo provare a ricordare sempre: «Non vincerà il cannone, ma l’uomo».
Le modalità del racconto della prima e della seconda parte del romanzo sono completamente diverse in quanto sono modulate sulla psicologia dei protagonisti Nelle prima parte del racconto la narrazione è prolissa, ripetitiva della azioni di un comandante di un manipolo di soldati, con il compito di presidiare una zona di deserto fra le dune; l’attenzione a volte se ne vola via, perché l’interesse per certi fatti non riesce a concretizzarsi. La descrizione, come detto, è consona alla personalità del comandante; un uomo rigido, ligio alle regole ed alle norme di comportamento, che ripete continuamente le stesse azioni relative al suo compito fino a quando non incappa nel gruppo di beduini che ucciderà tutti meno una ragazza, ma sarà anche lei in seguito vittima della violenza dei militari. Nella seconda parte del libro il racconto diventa concitato, ansioso come il carattere di colei che investiga sul delitto, una donna assalita spesso dalle paure, che a volte sprofondano nelle angosce, ma che comunque va avanti nelle sue ricerche. La Shibli ci fa così provare cosa significhi vivere in un paese occupato, continuamente soggetti a controlli militari e a divieti e limiti negli spostamenti: le ansie e le paure della protagonista sono ingigantite da questo stato di cose e dalla possibilità sempre presente di sfociare nella tragedia.
L'ottima Adania Shibli deve aver letto "Tempo di uccidere" di Flaiano, nelle sue prime sessanta pagine l'atmosfera calda e abbacinante che obnubila il soldato israeliano , febbricitante a causa di una puntura di insetto, ricorda molto il militare italiano di Flaiano a sua volta assassino. Ed è anche qui il paesaggio il personaggio principale con la sua torrida desolazione , ed è in questo contesto che si sviluppa la non storia di una giovane palestinese che, stregata da un articolo che narra di un brutale omicidio a danno di una donna araba , decide di mettersi in viaggio per sapene dj più. Una suggestione scaturita da una banale coincidenza (la data della sua nascita e dell' omicidio corrispondono) che si sviluppa di pagina in pagina , come nel "Dora Bruder" di Modiano, partire da frame di un giornale per una indagine dilettantistica ma tanto appassionata. La storia dei popoli spesso la fanno le persone qualunque e gli episodi dimenticati, non gli statisti, nemmeno i soldati.
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