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Anno edizione: 2019
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“Nulla è più inquietante dell’uomo” (Heidegger), perché il suo modo di esistere (‘vita nuda’) è imperniato sul 'desiderio', che nella sua accezione etimologica ingloba la definizione di ‘mancanza’ (di punti di riferimento, che appunto sono carenti) e di ‘de-costellazione’ (smantellamento di ciò che imprigiona la mia esistenza). Cosa pertanto molto diversa e più profonda del ‘bisogno’, proprio di ogni essere vivente in quanto tale, espressione di un vuoto, una assenza che può essere colmata. E’ il bisogno che spinge l’uomo ad aprirsi verso l’esterno, verso l’altro, ma in maniera ‘circolare’: non è un aprirsi ‘ per l’altro’, ma ‘per sé. Il desiderio è qualcosa più difficile da definire perché è una mancanza incolmabile, che resta sempre tale anche se soddisfatta. Il desiderio è una sorta di sole che oscura il bisogno ed illumina pianeti (oggetti) abitati però da fantasmi; e sono quest’ultimi ad essere il vero sostegno del desiderio, non l’oggetto stesso, che subisce appunto un’ ‘investitura fantasmatica’ che lo trasforma in qualcosa di appetibile e prezioso al fine di attrarre il soggetto. Quest’ultimo rimane disorientato, confondendo continuamente il desiderio con il bisogno , diventando vittima di una inquietudine continua da insoddisfazione. Si possono allora ben comprendere le ricadute individuali di questo equivoco, con media e consumismo che promuovono in continuazione oggetti da desiderio, camuffati ed ammalianti per il fantasma su essi ad arte costruito. Si può anche spiegare, di fronte a tanta inquietudine, la possibilità che in ultima istanza il desiderio dell’uomo possa essere il desiderio di Dio (Desiderium Dei di S. Agostino), non il bisogno di Dio che relegherebbe la divinità a semplice ‘tappabuchi’ per soddisfare una assenza. Dio pertanto rappresenterebbe non la fine dell’uomo, ma il suo fine ultimo. Un testo bello, difficile, profondo,impegnativo con tante citazioni: Heidegger, Freud, Sartre, Dolto, Lacan, Levinas…
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