Dersu Uzala. Il piccolo uomo delle grandi pianure

. Così Solzenicyn definiva i geologi nelle loro esplorazioni della Siberia. E in effetti, "Dersu Uzala", libro non facile da reperire e di cui ci si mette in cerca spinti dal ricordo del poetico capolavoro di Kurosawa, è non (o non solo) il ritratto di un "buon selvaggio" rousseauiano, ma un avvincente diario di viaggio di Vladimir Arsen'ev, esploratore singolarmente dotato per le lettere, come gli riconobbe anche Maksim Gorky. Dalle pagine emerge, ovviamente, innanzitutto la figura di Dersu, il suo profondo dolcissimo rapporto con animali, spiriti e con tutto il cosmo. Ma intorno a essa, e quasi da essa esaltata, ci viene presentata la natura incontaminata delle "terre vergini", il complesso rapporto con i mutevoli e incerti confini delle diverse popolazioni che si mescolano in quell'angolo di mondo, russi, hezen, cinesi, coreani, a volte in lotta tra di loro ma più spesso legati da rapporti di collaborazione, di lavoro. E ci viene anche concesso uno sguardo sulle terribili sfide che la natura, il clima pongono all'uomo, e sulla inconcepibile determinazione e resilienza che gli esploratori "venuti da lontano" sono in grado di dimostrare, vera testimonianza dell'inaudita (per noi) forza di sopportazione e volontà di conoscenza del popolo russo.