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Il nostro viaggio inizia all'interno di una fotografia che raffigura, apparentemente, lo zero assoluto; quello zero che trova la sua ragion d'essere nella vita dei clochard. D'un tratto, dalle coperte informi e dai cartoni strappati,come schegge impazzite, prendono vita quelle ombre che, noi animali metropolitani, consideriamo come prive di vita, come vuoti a perdere. I nostri personagi, di contro, si presentano, quasi inaspettatamente, saturi di vita; note che si muovono all'interno di un pentagramma che le fa danzare tra lo scandalo del sacro e un disgustoso profano. L'apparenza inganna, ci inganna; in realtà ci muoviamo all'interno di un romanzo filosofico che pennella con sapienza e ironia il quadro di un viaggio, quasi dantesco, dove i colori utilizzati rievocano, a un occhio più attento, l'irragionevolezza Sartriana della "Nausea"; l'inconciliabilità nelle scelte della nostra esistenza di matrice Kierkegaardiana, per giungere a un'improbabile ascesi Schopenhaueriana. la filosofia veste qui il ruolo di ancella di una pornografia che assume le più sveriate sfaccettature: violenta come un pugno allo stomaco, fredda e distaccata come un'autopsia, malata come i pensieri più nascosti. il viaggio si sviluppa all'interno di un caleidoscopio di emozioni, che nascono dalla parteciapazione, quasi involontaria, di noi lettori che ci avventuriamo nei meandri stroboscopici di situazioni, attimi che spesso risultano difficili da digerire, da razionalizzare. i protagonisti non strizzano l'occhio a nessuno, non accusano la società, la politica, le istituzioni. i protagonisti esistono perchè costretti ad assecondare la necessità dell'esser-Ci nel mondo; come del resto le nostre stesse esistenze.
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