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2007 - MTV Movie Awards - Miglior Cattivo - Nicholson Jack
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A un incipit in stile documentaristico fa capolino la sagoma del mefistofelico boss Frank Costello, rude e diabolico criminale a cui piace assistere ai propri affari e metterci lui stesso la faccia nelle cose che fa. Un lungo monologo per indottrinare/ammaestrare il giovane Sullivan, e la scena si sposta ad alternanza sulle carriere sovraesposte di Matt Damon e Leonardo Di Caprio, l'uno complemento dell'altro, a chiudere il cerchio. Fisicamente non siamo in pieno territorio Scorsesiano, l'amata New York City è sostituita dalle badlands di Boston, ma con gli occhi e col cuore i dubbi non mancano. Grande cinema che appassiona e freme, che si contorce e si assottiglia, che si placa e che esplode; la tecnica Scorsesiana si appallottola in un Bignami di talento registico e narrativo, zoom improvvisi, dolly, inquadrature perpendicolare che danno il senso di una profondità sofferente, aggiungendo pure qualcosa di hitchcockiana memoria (la telefonata silenziosa; il dialogo al tavolo - tutto al massimo della tensione). Nonchè un senso unilaterale a tutto, cioè la perdita di identità e di coscienza. Perde l'identità e la rivuole indietro un Di Caprio in grandissima forma, forse mai così profondo; perde l'identità un Damon funzionale diviso tra amore e onore, coscente che la propria ingenuità rischia di fregarlo da un momento all'altro; pure un Nicholson che come attore accetta il senso della misura, ma come Frank Costello rimane ossessionato da chi gli gira intorno. L'unico a non perdere l'identità che gli spetta è uno Scorsese che a tratti si ritrova in stato di grazia, filmando pure l'infilmabile (la scena dell'ascensore è straordinaria, per tutto ciò che accade in un metro e mezzo di spazio) e non tirandosi indietro di fronte a uno dei suoi pezzi forti, cioè l'esacrazione della violenza. Alla fine l'incoscienza è la sconfitta che sposa il bene col male, anche quando si chiude l'ennesimo cerchio.
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