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Secondo Basso il nesso tra socialismo e democrazia non avrebbe mai dovuto risolversi nella subordinazione di un termine all'altro. Soltanto l'affermazione del movimento socialista avrebbe potuto dare basi solide a una democrazia altrimenti periclitante e incompiuta. Non erano pertanto le sinistre a doversi giovare strumentalmente degli istituti democratici ma le provvisorie forme della democrazia a dover ricercare una realizzazione stabile e coerente: dando lo scettro al principe al proletariato come classe generale. L'argomentazione è tra le più appassionatamente sostenute nell'editoriale con cui Basso apre il primo numero di Problemi del socialismo (gennaio 1958). è una sfida audace e un manifesto programmatico. Nel libro di Marino i nodi di un pensiero che s'intreccia di continuo con una caparbia lotta politica nel Psi sono ripresi e sistematizzati in un'interpretazione di Marx sottratta ai canoni elitistici del leninismo e restituita alla Francia rivoluzionaria di metà Ottocento. Un altro filone esaltato da Basso è l'antiburocratismo caro a Luxemburg. Nella visione di Basso della democrazia libertà ed eguaglianza non possono del resto non coincidere. In bilico tra Kelsen e Rosa la polemica di Basso si cimenta anche con la questione-partito. All'edificazione di una società dai tratti socialisti deve contribuire la coscienza acquisita nelle precedenti lotte di massa: il partito che le sostiene è solo una parte del corpo sovrano e pertanto nessun singolo partito può pretendere di sovrapporsi allo stato che è espressione della totalità del corpo politico. Ecco Marx fatto muovere contro le incrostazioni staliniste e verticistiche del Pci e la dilagante invadenza clericale della Dc.
Roberto Barzanti
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