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Anche se ufficialmente l'opera è attribuita a Cesare Beccaria, di fatto si tratta di un manifesto in cui sono riportate le battaglie politiche condotte dagli intellettuali progressisti (in particolare i fratelli Verri) dell'Accademia dei Pugni, di cui lo stesso autore faceva parte. Libretto polemico, incredibilmente moderno considerata l'epoca in cui fu scritto e coraggioso, perfino audace in alcuni punti. Testo celeberrimo perché primo in Europa contro la tortura e la pena di morte (anche se in questo caso con eccezioni). Da leggere sicuramente, inoltre contiene altri paragrafi molto interessanti dedicati rispettivamente all'ergastolo, al suicidio, alle condanne sul rogo degli eretici e all'istruzione. Nello stesso volume sono riportate successivamente anche le "Consulte criminali", che Beccaria redasse quando era membro della giunta nominata da Leopoldo II per riformare il diritto penale, nelle quali vengono riproposti alcuni dei temi trattati in "Dei delitti e delle pene".
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