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Decifrare l'architettura. Inscripciones del XX secolo
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2001
1 gennaio 2001
168 p., ill.
9788842210603

Voce della critica

Ignasi de Solà-Morales, nato a Barcellona nel 1942 e scomparso improvvisamente ad Amsterdam il 12 marzo 2001 nel corso di un viaggio di lavoro, rappresenta indubbiamente una delle figure più stimolanti nel quadro della cultura architettonica europea contemporanea. Laureato in architettura e in filosofia, docente e direttore del Dipartimento di Storia e composizione dell'Universitat Politécnica de Catalunya dalla fine degli anni settanta, visiting professor presso alcune delle più importanti università europee e americane, nonché autore degli importanti progetti di ricostruzione del padiglione di Mies van der Rohe e del Teatro del Liceu a Barcellona, Solà-Morales ha costantemente interrogato le vicende dell'architettura del XIX e XX secolo, i nessi tra storia e critica, introducendo nuove letture e punti di vista.

Di questo percorso intellettuale, la raccolta di scritti Decifrare l'architettura costituisce un capitolo centrale. Non si tratta infatti di un semplice tributo alla memoria, ma di un progetto editoriale messo a punto dallo stesso Solà-Morales, che un anno prima della scomparsa ha personalmente scelto i testi sia per questo volume incentrato sul Novecento, che per un altro di prossima pubblicazione sul XIX secolo.

Come suggerisce il curatore del volume Michele Bonino, Inscripciones è termine chiave per avvicinarsi ai testi, così come il concetto di Topografìa nella precedente raccolta Diferencias del 1995. La rilettura critica della storia dell'architettura moderna e contemporanea avviene infatti mantenendo al centro del racconto personaggi e vicende canoniche (Giedion, Le Corbusier, Aldo Rossi), ma tracciando nuovi solchi e inscrizioni che permettono di ridefinire le geografie e le cronologie consolidate, di costruire nuove interpretazioni del rapporto tra culture architettoniche e contesti storici.

Sullo sfondo di queste Inscripciones i temi ritenuti centrali dallo storico e architetto catalano. Innanzitutto il ruolo della storia e della critica storica. Una storia che, attraversate nel corso del Novecento le fasi della funzionalità strumentale e ideologica, della messa in crisi epistemologica dei paradigmi storiografici tradizionali, della ricerca e dell'affermazione di uno statuto autonomo, si ritrova a fine secolo pervasa da relativismi e autoreferenzialità, ridotta a mero descrizionismo settoriale. Solà-Morales rivendica un ruolo critico e interpretativo alla storia, vista - come scrive Carlo Olmo nella densa introduzione - come "produttrice di significati", e come "presidio contro ideologie e mitografie" che riducono l'architettura, come avviene sempre più spesso, a disciplina autonoma o a semplice sapere tecnologico.

Altro tema ricorrente è quello di una restituzione storica e storiografica capace di svelare e mettere in luce i sistemi concettuali, le metastrutture, le mentalità, i nessi logici impliciti che stanno dietro la costruzione di teorie e prassi architettoniche della modernità. Qui siamo in presenza di quello che può forse essere considerato uno dei massimi apporti di Solà-Morales nella lettura dei fenomeni del XX secolo, apporto determinato anche dalla formazione non solo architettonica dell'autore. Scorrendo i saggi, si possono così riconoscere i portati di lunga durata di forme e modalità di concettualizzazione, come quelle derivanti dallo strutturalismo formalista di matrice purovisibilista o dal neostoricismo critico, nella configurazione delle idee architettoniche del Novecento.

La raccolta, che comprende testi elaborati nell'arco di quasi vent'anni, dal 1982 e al 2000, si apre con lo scritto Teoria della forma dell'architettura nel Movimento moderno. Qui, attraverso la rilettura dell'esperienza delle avanguardie storiche, delle riflessioni di Giedion, Behne, Le Corbusier, si evidenzia il ruolo giocato da due concetti guida come lo Zeitgeist e il meccanicismo nella costruzione di una nuova e inedita legittimità dell'architettura, vista non più come mimesi della natura o rappresentazione metaforica e percettiva della realtà, ma come produttrice della realtà essa stessa, realtà tout court.

Le città-capitali di Walter Benjamin è una sorta di viaggio sulle orme del grande intellettuale tedesco - Mosca, Berlino, fino all'incontro decisivo con Parigi - per comprendere i modi con cui si sono strutturate alcune delle discorsività sulla metropoli moderna. I successivi saggi su Le Corbusier e Werner Hegemann, muovendo da concettualizzazioni opposte, affrontano un tema cruciale per la contemporaneità: la trasformazione dell'idea di spazio pubblico urbano nel corso del Novecento, la crescita della città quantitativa e la rottura con i modelli della città classica, le diverse proposte elaborate dalla cultura architettonica - conclusasi la fase eroica del Moderno - sempre in bilico tra avanguardia e nostalgia: lo spazio pubblico considerato quindi come fil rouge per riscrivere unÆaltra storia della città moderna nel passaggio dalla forma compatta alla diffusione e dispersione urbana.

Sigfried Giedion: la costruzione della storia dell'architettura è ancora una volta un sottile esercizio di ricostruzione di genealogie culturali e concettuali - da un lato la sociologia tedesca primonovecentesca, dall'altro la linea formalista di Wölfflin, Riegl, Brinkmann - volto a dimostrare la molteplicità di piani presenti nell'opera di Giedion e la sua natura non solamente ideologica e strumentale. È nelle pagine iniziali di questo saggio che Solà-Morales afferma - implicitamente in polemica con Tafuri - che "la storia è sempre contemporanea".

I due saggi sulla Tendenza e su Tafuri e la critica radicale costituiscono contributi importanti, sia per la loro vicinanza alla contemporaneità, sia per l'interesse che rivestono per il pubblico italiano. Muovendo da un punto di vista esterno al dibattito nazionale e alle sue animosità, Solà-Morales ricostruisce valori e nodi critici di due esperienze fondamentali per la definizione di una posizione culturale italiana nel panorama architettonico internazionale, mostrando l'importanza e la necessità di un lavoro di critica storica anche sul presente.

Lo scritto che non casualmente chiude la raccolta, intitolato Pratiche teoriche, pratiche storiche, pratiche architettoniche, rappresenta una summa delle riflessioni recenti dell'architetto e storico catalano, una sorta di affresco della situazione critica - al di là del successo mediatico di alcuni progetti griffati - dell'architettura contemporanea. A partire da una sintetica ma efficace ricostruzione delle linee di pensiero che hanno strutturato il fare architettonico durante il XX secolo, Solà-Morales si spinge fino ai confini con il presente, per delineare quelle che secondo lui sono le ragioni della crescente autoreferenzialità e marginalità dell'architettura nel mondo contemporaneo: "L'azione senza riflessione è semplicemente la messa in pratica dell'ideologia corrente e consolidata. Una grandissima parte dell'architettura che si costruisce e una parte non trascurabile di quella che si insegna si basano su cliché che non si discutono più, e su decisioni estetiche ed etiche che vengono assunte senza revisioni critiche di alcun genere". E ancora: "L'impunità della teoria e della storia, in architettura, nasce dal fatto che esse vengono giudicate soltanto secondo i loro propri termini, all'interno del loro proprio ambito (...) questo isolamento, nonché la produzione di discorsi ad esclusivo uso interno, sono sintomi di una delimitazione artificiale dei campi del sapere e di una scarsa capacità di fecondazione e di stimolo reciproci. Superare il dualismo teoria-pratica, elaborare un pensiero trasversale, costruire basi che consentano di guardare al presente e al passato da nuove e diverse posizioni è il compito al quale ora non ci si può più sottrarre". Un appello a una ricerca storica e critica " toujours recommencée ", a "un progetto in continua progressione", che costituisce la testimonianza estrema del metodo di lavoro praticato da Solà-Morales nell'arco di quattro decenni, e che si scontra con i riduzionismi operati dalla cultura architettonica proprio in un momento di profonda e veloce ridefinizione di saperi, mestieri, istituzioni, mercati.

Come scrive Carlo Olmo, Solà-Morales rappresenta un epigono dei philosophes enciclopedici, e la sua scomparsa ne acuisce la nostalgia. La sua capacità di fuoriuscire da descrizioni naturalizzanti o consolatorie, di parlare di figuratività architettonica senza ricorrere a mere letture purovisibiliste, di praticare sintetiche e talvolta rischiose ricomposizioni critiche trasversali in grado di far interagire l'architettura con la storia della cultura e della società, trova pochi riscontri (un elenco disordinato: Reichlin, Gabetti, Secchi, Corboz) nella saggistica disciplinare contemporanea.

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