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I danzatori della pioggia, dramma in due atti della australiana Karin Mainwaring, verrà rappresentato il prossimo marzo a Parigi dalla Comédie-Française, ricevendo così il crisma dell’“ufficialità”. I danzatori della pioggia si svolge in un punto imprecisato del deserto australiano, una casa fatiscente in cui i protagonisti vivono quasi assediati dalla soffocante calura circostante. Tre donne conducono la loro esistenza in una condizione di perenne e monotona precarietà. Una vecchia radio e una strada dissestata rappresentano l’unico contatto con il mondo “là fuori”. Il ritorno improvviso di Dan, figlio, marito e padre delle tre donne, sconvolge il loro equilibrio, rivela una serie di pulsioni sessuali mai del tutto sopite e scatena tensioni irreversibili. All’interno di questo microcosmo familiare, di cui il deserto esaspera in modo impietoso le caratteristiche, si respira una atmosfera claustrofobica, una follia lucida che ha la meglio persino sull’istinto di autoconservazione e che porta i protagonisti a cedere ai propri sentimenti di rabbia, amarezza, frustrazione, piuttosto che allearsi per contrastare la minaccia delle calamità naturali. Sin dalle prime pagine il lettore è immediatamente conquistato dall’energia che si scatena dalla situazione e dal testo e che lascia percepire che questa avventura, all’apparenza uno squallido dramma familiare, promette di essere un’esperienza radicale, una questione di vita e di morte. L’individualità e lo spessore di ciascun personaggio, infine, si costruiscono a partire dal suo linguaggio, che a volte tocca accenti di delicato lirismo, altre diventa strumento di violenza e odio, espressione di abbrutimento, egoismo, grettezza e disperazione. In un breve istante di lucidità totale, i “danzatori” di Karin Mainwaring ci trascinano in un viaggio indimenticabile, non soltanto “al cuore” dell’Australia, ma forse fino al “centro rosso” della condizione umana. All’improvviso vediamo quelli che potrebbero essere i nostri antipodi, in qualsiasi luogo della superficie te
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