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Anno edizione: 2019
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Dante non è un autore. Dante è un'intera materia di studio, anzi è un universo: poetico, filosofico, religioso. E come tale, in una vertigine borgesiana, andrebbe studiato per un'intera vita. Senza, peraltro, esaurirlo. Da non-dantista quale sono, ho quindi particolarmente apprezzato questo breve volume di Carlo Sini, che dantista a sua volta non è, tanto per l'umiltà con la quale è stato scritto quanto per la sua chiarezza nell'esposizione, da buon filosofo quale invece è. Nelle 87 pagine di "Dante. Il suono dell'invisibile" troverete quattro saggi danteschi composti dall'autore in momenti diversi e qui (ri)pubblicati con qualche armonizzazione: il primo si occupa dei canti X e XI dell'Inferno - dunque siamo dalle parti di eretici, epicurei, Farinata, Cavalcanti e compagnia bella -; il secondo affronta i canti III e IV del Purgatorio - nella zona di pertinenza di Catone, Casella, Manfredi e altri pigroni... -; il terzo concerne i canti XIII e XIV del Paradiso - in compagnia di Beatrice, Salomone e altri beati -; l'ultimo (che è in realtà il primo in ordine di composizione) dà il titolo alla raccolta ripercorrendo l'intera visita del Paradiso. Volendo esprimere una preferenza, segnalo soprattutto il terzo saggio, che approfondisce il tema, più brevemente svolto nel quarto, della "teologia della luce", vista come punto d'appoggio filosofico dell'intera Commedia. "Il suo ricorrere alla luminosità non è un semplice espediente, ma è un esplicito ricollegarsi con la fondamentale dottrina della luce che governa l'intera cosmologia medievale (...) un'unica grande visione fiammeggiante, esaltante e moralmente edificante lega in un unico senso e fine l'universo tutto e le sue creature (...) La verità è che per Dante i nostri corpi sono originariamente creati dalla luce: corpi umbratili, perché lontani dalla loro fonte prima" (pp. 47-49). Dio come punto-luce dell'universo dal quale tutto nasce, si espande e, allontanandosi, si corrompe. Semplice, lineare, elegante. Di design.
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