Dante ghibellino
di Enrico Fenzi
I due saggi che compongono il volume sono tra loro legati dal comune impegno a riconsiderare la scelta politica di Dante in favore dell'impero. Il primo, Dante ghibellino, muove dal fatto che nel Dante degli anni fiorentini precedenti l'esilio manca, in maniera abbastanza sorprendente alla luce dell'opinione vulgata, ogni dichiarazione o prova di un'esplicita fede guelfa e di un'adesione all'ideologia 'comunale' che aveva in Brunetto Latini il suo principale esponente. Così, l'altrettanto sorprendente e combattivo entusiasmo nei confronti di Federico II e di Manfredi nel De vulgari eloquentia, negli anni immediatamente successivi all'esilio, non può essere messo in diretta contraddizione con una precedente stagione di segno opposto, ma appare semmai come l'erompere improvviso ma coerente di una scelta di fondo che avrà sviluppi ulteriori, sino alla sua definizione ultima nella Monarchia. Il secondo saggio, nato come 'lettura' del canto sesto del Paradiso dedicato alla figura di Giustiniano e alla centralità di una nozione dell'Impero quale 'universo giuridico', si sofferma su due nodi particolari ai quali Dante ha dedicato ampie riflessioni: il rapporto tra l'Impero e la Chiesa, e quello tra il diritto e la guerra, che nella storia del mondo solo il 'volo dell'aquila', cioè la storia di Roma prima repubblicana e poi imperiale, è riuscito a stringere positivamente in un sol nodo.)
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