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Anno edizione: 2024
Anno edizione: 2024
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Libro incluso tra i dodici candidati al Premio Strega 2024
Presentato da Franco Di Mare nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2024.Con un rigore che non ammette sconti, Valentina Mira fa luce sul vittimismo osceno dei carnefici, demolendo retoriche, alibi, miti di quella destra che si è presa l’Italia.
«Il romanzo di Mira viene descritto dai detrattori come un manifesto di «odio antifascista» e una «ricostruzione a senso unico» dei fatti di Acca Larentia. Basterebbe intanto sfogliarlo per rendersi conto che, nelle intenzioni e nell'esito, è un'altra cosa. […] Mira costruisce una sorta di reportage emotivo dal decennio che precede la sua nascita. Non offende la memoria delle vittime; non dà un contributo alla «fiera del revisionismo» […] . Si ferma su un dettaglio ulteriormente doloroso di una storia tragica: una morte derubricata come «danno collaterale», ingiustizia nell'ingiustizia. Chi può sindacare sul diritto di raccontarla?» – Paolo Di Paolo per La Repubblica
«Mi accusano di revisionismo, di non avere pietà per le vittime di Acca Larentia, ma fanno una confusione strumentale dimostrando di non conoscere le mie pagine: i ragazzi che morirono in quegli anni terribili erano tutti vittime, spesso non avevano neppure il libero arbitrio di decidere il proprio destino. L'ho scritto e lo ripeto. Diverse invece sono le commemorazioni con i saluti romani e le croci celtiche. Quelli proprio non posso giustificarli, perché io sono e resto antifascista». – Valentina Mira per La Repubblica
Questa storia comincia una sera d’inverno, il 7 gennaio 1978. Davanti a una sede del Movimento sociale italiano nel quartiere Appio Latino, a Roma, vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco due attivisti di destra. Da quel momento, i morti di Acca Larentia diventano icone intoccabili del neofascismo. Questa storia ricomincia il 30 aprile 1987, quando viene arrestato Mario Scrocca, un militante di estrema sinistra. Secondo gli inquirenti, Scrocca avrebbe fatto parte del commando che colpì ad Acca Larentia. Lo troveranno cadavere ventiquattro ore più tardi, impiccato in una cella di Regina Coeli. Ma troppe cose non tornano… Questa storia senza fine ricomincia – una volta ancora – un pomeriggio di giugno del 2021. Due donne si incontrano sotto il cielo di Roma. Rossella ha sessant’anni ed è la vedova di Mario Scrocca. Valentina, di anni, ne ha trenta, è cresciuta dalle parti di Acca Larentia, in passato ha frequentato dei neofascisti e si porta dentro le cicatrici di quelle frequentazioni. "Dalla stessa parte mi troverai" è il racconto di un amore vissuto a mille nei giorni in cui tutto era ancora possibile e di una vita spezzata al tempo del disincanto collettivo, prima di essere consegnata all’oblio.
Proposto da Franco Di Mare al Premio Strega 2024 con la seguente motivazione: «In anni di celebrazione dell’oblio, in nome di un pur comprensibile desiderio di voltare pagina e arrivare a una memoria condivisa, a una pacificazione, al superamento degli anni di piombo e dunque al miracolo del perdono che unisce le vittime nel dolore, irrompe con la potenza di uno tsunami Valentina Mira con Dalla stessa parte mi troverai. Da quale parte? Da quella del giusto (che non coincide sempre con la giustizia) da quella della Storia (che non sempre la racconta com’è andata) da quella delle vittime (che non possono condividere le responsabilità dei carnefici). In questo potente romanzo Valentina Mira racconta la storia di Acca Larentia e degli anni di piombo che seguirono, gli omicidi, i processi, un clima mefitico e velenoso che avvolgeva i cuori e le menti del Paese. E lo fa intingendo la penna “nel latte e nel sangue” con cui Roma ha scritto la sua storia millenaria e raccontando una storia d’amore e del suo potere salvifico. Non basterà a trovare una ragione delle cose. Valentina però una spiegazione ce l’ha. Ma non sarò io a svelarla. Leggetela. Mi ringrazierete.»
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Lettura scorrevole e appassionante, testo snello che racconta dei fatti di cronaca ed eventi storici da conoscere. Consigliato.
Penso che comunque la si pensi sia un libro da leggere. Penso che oltre a documentare, magari in modo parziale nel senso che richiama a una precisa parte, la stessa parte, aiuti a pensare. In questo tempo in cui tutto è negazione della storia e del pensiero, dove è quasi sbagliato pensare. La stessa parte è quella del giusto, delle vittime, grandi o piccole, della necessità di difendere da ogni ingiustizia. E di ingiustizia la storia è piena. La violenza è sdoganata come goliardia. Ora, in tutto questo, nel grande corso della storia, si insinua una rosa, una storia d’amore di gioventù e di speranze.la stessa parte, sempre e per sempre, la parte del cuore. Un atto di coraggio, la storia narrata e narrare la storia
Un racconto interessante su una storia di cui negli ultimi anni si è parlato abbastanza spesso, ma che è in realtà poco conosciuta, perlomeno per chi, come me, non era ancora nato quando accadde. Oggi infatti si è tornati a parlare della “strage di Acca Larentia”, ovvero dell’agguato che portò all’uccisione di due giovani neofascisti, ma nulla avevo sentito prima su quello che successe dopo, in particolare sulle indagini, gli incriminati e l’arresto e la morte misteriosa in cella di Mario Scrocca, in un certo senso il protagonista, insieme alla moglie Rossella, di questo libro. Terza protagonista è l’autrice, Valentina Mira, che ho voluto premiare acquistando il suo libro, che è una via di mezzo tra saggio e romanzo. E forse questo è l’aspetto che mi ha convinto meno, nei suoi continui passaggi dal passato a presente, dalla cronaca dei fatti alle riflessioni personali. Penso che avrebbe potuto essere più lineare, ma comunque la scrittura della Mira è scorrevole e abbastanza accattivante, e soprattutto l’argomento coinvolge e fa venire voglia di saperne di più.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
È il 7 gennaio 2008 quando l’autrice di questo romanzo, Valentina Mira, al tempo sedicenne, decide in modo ingenuo di andare a farsi la ceretta in un posto che di solito non frequenta. È via Acca Larentia. Se si digita la via su Google Maps, apparirà una croce celtica nera, così grossa da occupare quattro numeri civici.
Dal 7 gennaio 1978, in quella via si raduna tutta l’estrema destra di Roma, ed è quello lo spettacolo che si para davanti agli occhi di Valentina adolescente. Una moltitudine di persone vestite di nero, qualcuno con il bomber, molti con le teste rasate. Puntano le braccia destre al cielo. Quando una voce maschile urla “Camerati, attenti!”, loro rispondono “Presente”. Fra quelle persone vestite di nero ci sono Giuliano Castellino, leader di Forza Nuova, e Giorgia Meloni, al tempo ministro della Gioventù.
Ma questa storia, sebbene tratti di neofascismo, non parla di loro. Questa storia è, soprattutto, una storia d’amore.
È necessario però riavvolgere il nastro a trent’anni prima, quando avvenne la cosiddetta strage di Acca Larentia. Quando cioè Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, due giovani appartenenti al movimento di estrema destra Fronte della gioventù, vennero uccisi da un gruppo di estrema sinistra davanti alla sede del partito Movimento Sociale Italiano. Uno di loro morì sul colpo, l’altro in ambulanza, mentre andava in ospedale.
Le indagini non portarono a nulla di fatto, e tutti gli accusati dell’omicidio furono assolti in primo grado per insufficienza di prove. Tutti tranne uno, uno che non fece in tempo, perché si impiccò nella cella del carcere in cui era rinchiuso (ma se si impiccò veramente, o se venne ucciso, è il grande tema intorno a cui ruota il libro).
Quest’uomo è Mario Scrocca, sua moglie è Rossella Scarponi, e Dalla stessa parte mi troverai parla di loro. È una storia d’amore, questa. D’amore e di lotta.
Li vediamo adolescenti, innamorati imbarazzati, goffi. Dopo soli tre anni che stanno insieme vanno a convivere. Poi fanno un figlio, Tiziano. Tutti dicono che sono troppo giovani, ma a loro non interessa. Sono incoscienti, o forse solo sognatori. Lottano per quello in cui credono.
Finché una notte a casa loro bussano i carabinieri. Chiedono a Rossella cose strane: dove vanno in vacanza di solito, che abitudini alimentari ha il loro bambino, se il loro rapporto è duraturo. Poi, senza troppe spiegazioni, arrestano Mario, lo portano al carcere Regina Coeli. E lì, dopo qualche giorno, lui muore. Si è ucciso? L’hanno ucciso? Una risposta ancora non è possibile darla, ma forse non è nemmeno questo il punto. Il punto lo spiega molto bene qui la stessa l’autrice.
Il punto è affermare con forza – ma non la forza che colleghiamo al concetto un po’ machista e un po’ stereotipato del militante perfetto –, affermare con forza insomma che ci sarebbe una responsabilità pubblica, e non di poco conto, anche se delle guardie penitenziarie avessero “solamente” letto su dei fogli l’intenzione del detenuto di suicidarsi e poi avessero lasciato che avvenisse. Una responsabilità c’è, soprattutto se si considera il contesto di una cella anti-impiccagione e la vicenda finisce proprio con un’impiccagione
Rossella non li ha, i soldi per una perizia medica o calligrafica, non li ha i soldi per verificare se veramente Mario si è impiccato, se veramente ha lasciato lui quelle lettere. Ha però la forza e la voglia di raccontare la sua storia, la sua versione dei fatti. E Valentina, che con un fascista è stata fidanzata, (e anche di quello racconta in questo libro) ha la delicatezza e il coraggio di accoglierla.
Il punto non è essere amiche, ma rendersi conto che esistono delle esperienze che possiamo avere in comune, proprio perché donne. Anche se diversissime tra di noi. Anche se di generazioni differenti. Come me e Rossella
Ha un nome, la cosa bellissima che le unisce, la scintilla dietro questo romanzo. Si chiama sorellanza.
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