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"Dal tuo al mio" è nato per il teatro, poi, è divenuto romanzo nel 1905. Si narra del povero barone Raimondo, della casata dei Navarra, "che si arrabattava da anni ed anni in mezzo ai debiti e agli altri guai", i debiti il barone li aveva contratti con Nunzio Rametta, un usuraio, "ch'era entrato nella zolfara dei Navarra senza scarpe ai piedi e con il piccone in mano, ed ora aveva dei denari a palate". Denari, che appunto, prestava, a tasso d'usura, al barone. La zolfara non rende, per di più si allaga e don Raimondo, oberato dai debiti che ha contratto con Rametta, è costretto a cedergliela e a divenire un suo subordinato. Come se ciò non bastasse gli operai, affamati e mal pagati, indicono uno sciopero e minacciano di incendiare la zolfara. A sobillare la rivolta è il capomastro Luciano, che nel frattempo si è sposato con Lisa, una delle due figlie del barone. Di fronte agli atti vandalici degli operai, però, Luciano, che vede compromessa la dote della moglie, da capopopolo, per difendere i suoi diritti di proprietario, si schiera dalla parte del barone e minaccia con il fucile gli scioperanti. Quello di Luciano è un totale voltafaccia. Scrive Verga nella prefazione: "Io ho fatto la mia parte in prò degli umili e dei diseredati da un pezzo, senza bisogno di predicare l'odio e di negare la patria in nome dell'umanità. Però i Luciani d'oggi e di domani non li ho inventati io".
Inutile far pesare il fatto che si tratta di un romanzo minore di Giovanni Verga. Il libro contiene già le caratteristiche del verismo verghiano e le sue tematiche tipiche. Tuttavia ne consiglio la lettura che è stata scorrevole e piacevole.
Uno dei romanzi minori di Verga in cui ritroviamo, comunque, i temi centrali della prosa dell'autore. Consigliato a chi vuole approfondire questo grande scrittore italiano.
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