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Dal rito al teatro - Victor Turner - copertina
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Dal rito al teatro - Victor Turner - copertina
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1986
3 aprile 1986
218 p.
9788815009838

Voce della critica


recensione di Forni, E., L'Indice 1987, n. 6

Cosa farà da grande un bambino nato negli anni Venti da madre scozzese-attrice-anticonformista-femminista e da padre ingegnere elettrotecnico-creativo? L'antropologo. E con questa simpatica e insolita nota autobiografica che Victor Turner ci introduce alla lettura delle sue ultime, importanti riflessioni. Tristemente ultime perchè precedono di poco la morte - avvenuta nel 1983; importanti perchè sanno offrire interessanti stimoli culturali e si agganciano ad un filone di pensiero molto attuale nel campo dell'estetica e dell'arte, come quello del Dorfles di "Elogio della disarmonia".
Se non è un caso che con simili genitori sia cresciuto un figlio orientato a fare quel mestiere, non lo è a maggior ragione che proprio lui abbia finito per occuparsi di teatro, dopo aver seguito il percorso classico dell'antropologia britannica: la ricerca sul campo in Africa, ossia la prolungata esperienza di vita a diretto contatto con un gruppo tribale, secondo il metodo dell'osservazione partecipante. C'è una verità di fondo che Turner coglie attraverso il confronto tra società tradizionali e società industriali: ovunque la vita è conflitto (è grazie ad esso che la società si trasforma) e il teatro moderno è il genere culturale più adatto a commentare e riflettere sul conflitto.
Critico nei confronti della scuola strutturalfunzionalista - alla quale si è formato - per i suoi limiti di approccio teorico, teso alla ricerca delle regole della stabilità sociale e incapace di spiegare il mutamento, Victor Turner si lega alla Scuola di Manchester in cui si sviluppa l'importante filone di indagine dei teorici dell'azione sociale. In questa fase si vanno svolgendo i suoi studi sul rituale nelle società tribali e in particolare sui riti di iniziazione, le cui caratteristiche hanno importanza centrale anche rispetto all'analisi delle forme estetiche nella società occidentale avanzata. Riflettendo sullo studio dei riti di passaggio condotto da Van Gennep, l'autore sviluppa l'idea che proprio nella zona di margine - 'limen' - in cui vengono collocati gli individui o i gruppi sociali per rendere più chiaro e netto il passaggio da uno status ad un altro (da fanciullo ad adulto) o da una stagione ad un'altra (con i relativi cicli produttivi e religiosi), si possa sviluppare il germe della creatività. I simboli verbali e non verbali che vengono creati nel corso di questi processi sono oggetto di particolare attenzione da parte dell'antropologo perchè ad essi è riconosciuta una carica innovativa capace di stimolare gli uomini all'azione.
Queste fasi, dette liminali, vedono impegnati gli individui della società tribale e pre-industriale in complesse attività rituali che sono ad un tempo lavoro e gioco in un contesto in cui i due concetti sono difficilmente scindibili. L'analisi etimologica assume una notevole importanza nella metodologia adottata da Turner; essa è un modo per recuperare il passato, perchè nel significato delle parole che oggi usiamo rimangono le tracce dei loro "sensi" precedenti. Così l'autore ci chiarisce il significato di parole quali gioco, 'leisure', 'entertainment', 'acting', esperienza, 'performance', che si rivelano concetti fondamentali della sua riflessione. Il gioco, come spazio dell'irrazionale, è invece nettamente distinto dal lavoro nella società industriale e post-industriale, ed è il luogo del liminoide, l'equivalente del liminale nella vita tribale. Turner ci indica però significative e fondamentali differenze tra le due realtà, alla comprensione delle quali giunge attraverso il metodo della "simbologia comparata".
Allo studioso dell'attività umana interessano le strutture dell'esperienza in quanto elementi, unità, di centrale importanza. Esperienza come 'erleben', parola tedesca che sta a signifcare il " vivere attraverso" una sequenza di eventi. Ed è appunto Wilhelm Dilthey l'ispiratore del Turner antropologo dell'esperienza e della 'performance', con la sua idea che un'esperienza è vissuta, ossia completa, solo quando "viene espressa, cioè comunicata in termini intellegibili dagli altri e la cultura è proprio l'insieme di tali espressioni". La completezza dell'esperienza è raggiungibile dunque attraverso la 'performance' che è un "pensare all'indietro", all'esperienza vissuta per andare "oltre". Tale è il teatro sperimentale, che comunica agli altri sapienza, dotando di forme estetiche particolari l'esperienza originaria.
Il conflitto si manifesta attraverso i drammi sociali dei quali è permeata l'esistenza degli uomini, siano essi gli abitanti di uno dei villaggi Ndenabu studiati da Turner in Africa o i protagonisti del Watergate. Sono molto belle le pagine dedicate al dramma sociale; Turner ce lo presenta come un prodotto della nostra "endemica irrequietezza evolutiva" e ne sottolinea gli aspetti funzionali, ironizzando sull'adrenalina che esso contribuisce a produrre ma insistendo soprattutto sulla sua capacità di stimolo a rinnovate riflessioni culturali relative alla nostra esperienza di esseri umani.
Il dramma è disordine e, al pari dei riti di passaggio, è irreversibile poichè trasforma le strutture socio-culturali. Nelle società tribali e pre-industriali è però forte la tendenza alla ricomposizione globale dell'ordine e il liminale tende sovente ad invertire più che a sovvertire lo status quo (ne è un esempio il Carnevale, in cui l'inversione liberatoria dei ruoli - da servo a padrone e viceversa - crea un disordine che va alla fine superato con il ritorno al vecchio ordine mentre il liminoide - almeno in alcune sue forme - è sovversivo. Nelle società postindustriali, essendo il liminale confinato all'attività di sette, chiese e logge massoniche, è il liminoide a prevalere in varie forme di svago, quali passatempi, sport e arte. E nel liminoide esperienza del dramma sociale attraverso la 'performance' dà luogo ad un processo interattivo in cui ogni elemento influenza l'altro. Il risultato è sorprendente: visto in questa luce, non si può fare a meno di notare che il Watergate "aveva molto di Perry Mason "; poichè se è vero che l'arte imita la vita è vero anche il contrario.
La maggiore simpatia che Turner manifesta per il liminoide si spiega dunque con la sua carica sovversiva, antistrutturale; luogo della creazione per eccellenza, il teatro - e quello sperimentale in ispecie - è il mondo dell'individuo, figura prodotta dalle culture umane più complesse, contrapposto alla persona, forza tradizionale della conservazione delle strutture esistenti.
Dall'antropologia simbolica attraverso la simbologia comparata, per approdare all'antropologia dell'esperienza e della 'performance': questo è, per sommi capi, il percorso umano e intellettuale di Turner, studioso tanto capace di grandi simpatie quanto intransigente e velenoso nei confronti dei "marxisti da salotto" e dei "gallostrutturalisti francesi". Gli possiamo rendere omaggio leggendo "Dal rito al teatro" con atteggiamento liminoide:la nostra esperienza ne uscirà sicuramente arricchita.

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