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L'esordio in poesia di Mario Specchio avviene nel 1974 con "A piene mani" , Firenze, Vallecchi , con prefazione di Mario Luzi , in cui Luzi acutamente osservava che il giovane poeta metteva "il vino nuovo nei vecchi otri" seguendo alcuni modelli ben riconoscibili in una linea cosiddetta "laterale" della poesia del Novecento formata da Umberto Saba , Camillo Sbarbaro e Vincenzo Cardarelli . Si tratta di una poesia basata sul canone classico , senza sbavature di sentimentalismo ed accenti elegiaci, che riesce a mantenersi in equilibrio con il consolidamento del minimalismo , da un lato , e i riflussi conservatori verso la latinità, dall'altro. Successivamente , e solo nel 1999 , Specchio è il poeta della "Nostalgia di Ulisse" , Firenze , Passigli , 1999 . Ulisse è l'eroe dell'avventura e del viaggio . Il mondo moderno ha spento ormai questo desiderio di avventura e di ricerca di un significato alla vita . La poesia ora non rimanda più a qualcosa di altro da sé e dalla realtà oggettiva. Non c'è nulla dietro , nulla davanti verso cui tendere. Resta , dunque, il mondo interiore, la ricerca dell'identità e dell' "io" , come unica ricerca percorribile ragionevolmente. Il poeta nel suo ultimo libro pubblicato si avventura in questa ricerca . Con il suo "Da un mondo all'altro ", Firenze , Passigli 2007 , Specchio compie una ristrutturazione in senso propriamente lirico del linguaggio e del discorso poetico. I temi sono quelli delle relazioni affettive fondamentali , quelle con il padre e la madre , sono ancora l'anima e la morte , la donna amata , la città natale , ma anche il dolore e la malattia.Con questa riflessione sull'"io" , il poeta compie un lavoro di ricerca del significato dell'esistenza , del mondo ,e così insieme anche del significato della poesia stessa .Questa poesia canta l'amore inteso come relazione affettiva primaria e fondante dell'uomo e dell'esistenza.
Recensioni
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Nella presentazione Alejandro Oliveros definisce Specchio "il felice inventore di un inaspettato 'stile nuovo' nella lirica italiana contemporanea". Ma non si pensi alle auliche ricercatezze della poetica stilnovista, al contrario colpisce qui un'esposizione dei sentimenti che non necessita della mediazione di categorie sublimanti, non nasconde il soggetto e le sue istanze pulsionali, anzi questa è poesia "d'amore" che mette in scena un quadro di affetti familiari coinvolgendo il lettore nell'onda fonda dei sentimenti primari. Si sente una volontà di ripercorrere la lingua iniziatica dell'infanzia con i suoi luoghi e giochi segreti, porzioni di casa nell'eco ricorrente dell'evento centrale, quello della nascita, e di un inesausto principio materno che copre l'arco dell'esistenza "da un mondo all'altro", immettendo l'io in una circolarità cosmica di mare e primavere (Tra madre e figlio). Specchio si muove à rebours in un tempo azzurro, pregresso ma non fermo, al contrario l'andamento onirico "fa strada", respira di un dinamismo interno generando promesse che si ribaltano sul futuro (Sarò di nuovo forte). In una tessitura del verso piana e ariosa, capace però di chiuse che dilatano impreviste e oblique il senso del testo, il poeta indaga i nodi dell'amore e della perdita, della vita e del lutto. Accanto a rapide accensioni di dolcezza scese come preghiere sulle figure dei genitori lampeggia, nel timore del commiato, il desiderio di un'esistenza altra, fin dentro a uno stupore di paternità per dei figli cui l'io non ha dato né vita né parole, ma che il possessivo del titolo fa suoi, quasi legandolo a quei corpi "persi oltre la luce" (Ai miei figli non nati). Diverso è il taglio delle ultime sezioni della raccolta. Sarcastica la dizione di Tvflash, dove nel VII testo la festa televisiva di trucchi e specchi e corpi nudi cozzacontro l'eco leopardiana dell'ultimo verso. Di contenuto psicologico nitido e affilato è invece il Piccolo diario di degenza, dove si percepisce il polso del poeta narratore nella resa di gesti e situazioni in cui l'attrito con la realtà della risacca clinica si attenua nella carità delle "parole / con cui parlano i bambini e gli animali", nei fondali comunicanti e insieme evocativi di certe stanze a quattro letti in cui si consuma l'umana avventura. Anna Chiarloni
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