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L'apparenza inganna. Dedicato alla "fortuna" o alla "cultura" francese di "determinati autori italiani", questo libro non è solo una proposta di "comparatismo franco-italiano" o un'illustrazione della "comunanza di problemi che tra Sette e Ottocento rende così affine e vicina la vita letteraria d'Italia e Francia". Il lavoro di Sozzi è innanzitutto una vivace rilettura di alcuni nostri classici che ne modifica il profilo in profondità, mostrando in piena luce figure e suggestioni (francesi, appunto) finora banalizzate nell'automatismo dello stereotipo. È un nuovo Alfieri quello che emerge dal serrato confronto svolto sui testi della Vita e degli Essais di Montaigne, all'insegna della "malinconia". Ed è un Parini inedito quello che si delinea in filigrana, dietro il "rutilante mulinello" della società settecentesca dei "petits-maîtres" e degli eleganti aristocratici "à bonnes fortunes". Ma la prospettiva si può anche capovolgere, con risultati altrettanto originali: le pagine sugli echi di Lebrun nella poesia manzoniana, per esempio, sono al tempo stesso una fine lettura del poeta neoclassico francese; e l'approfondito esame del pensiero leopardiano sull'infinito rivela pagine illuministe ignorate o poco frequentate. Il critico, peraltro, esplora consonanze e coincidenze, ma sottolinea ugualmente le diverse declinazioni di un'immagine o di un concetto. Come quando si sofferma, nei magistrali saggi foscoliani, sulla distanza fra il tema dei Sepolcri e le ossessioni funerarie di Chateaubriand. O quando fa notare "il quasi assoluto silenzio" di una rivista europea come "Il Conciliatore" nei confronti del medesimo Chateaubriand. L'apertura dell'indagine, la sua attenzione alle sfumature, ne garantisce insomma l'obiettività, sul filo del paradosso, ricomponendo infine "una sorta di equilibrio compensatorio e di superiore armonia".
Rinaldo Rinaldi
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