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D'un continuo trambusto (2012-2017) - Nicola Romano - copertina
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D'un continuo trambusto (2012-2017)
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D'un continuo trambusto (2012-2017) - Nicola Romano - copertina

Descrizione


"Il trambusto è continuo, recita il titolo di questa nuova raccolta di Nicola Romano. È un aggettivo che condividiamo, ma non si tratta di una semplice consonanza. Non ci sono prospettive a convergere nella galassia globale dove tutto, ormai, sembra davvero essere 'continuo', sia che giunga ai sensi attraverso la vista, o l'orecchio, o la visione, come in un celebre libro di Italo Calvino, che faceva della continuità una categoria dell'invisibile. Romano, invece, è un poeta del concreto: con la sua scrittura, di volume in volume, ha tracciato, disegnato i contorni di un paesaggio cittadino e famigliare, e li ha riempiti di immagini nette, precise come i suoi affetti; ne ha scandagliato la sostanza più intima, le più remote lacerazioni, spartendosi tra toni che solo con approssimazione potremmo definire civili e momenti di più evidente lirismo, proprio in anni di reiterati attacchi a qualsivoglia pretesa di soggettività... Anche in queste poesie l'altalena si ripropone, e forse in modi ancora più ricchi e complessi che in passato. Il poeta tocca corde varie e vari sono i registri a cui ricorre, pur dentro un'insolita compattezza di dettato... Eppure, dietro questo vortice espressivo, e sotto il brulichio del presente, si avverte l'azione di un unico, inesausto motore: una sola dolente matrice che chiede di riscattarsi in gioia, mimando una denuncia, manifestando il disinganno..." (dalla prefazione di Roberto Deidier)
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Dettagli

2018
8 marzo 2018
110 p., Brossura
9788836816316

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Filippo Giordano
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Paesaggi interiori

Una sviluppata “inventiva” ramificata in molteplici direzioni del quotidiano esistere che, da cima a fondo, coinvolgono il lettore. Ci sono, nella raccolta, sprazzi di tempi lontani che riaffiorano nell’immaginario individuale in virtù di poetiche interpretazioni di genesi. Così, dalla sarabanda di umori, emergono anche inconsueti paesaggi interiori che talvolta inopinatamente affiorano e che l’ovvio pudore di norma provvede a rimuovere: quel pudore dell’uomo comune che si scopre a pensare cose “strambe”, e che il poeta invece, giocando ad un livello superiore, condendo il pudore d’umorismo, riesce a fare lievitare, illuminando gli episodi d’ironia: “In modo regolare / mi frequento / m’apostrofo e mi stuzzico / con tocco rispettoso / mi busso dentro / e aspetto sotto casa / diffidente e guardingo / se nella controversia / voleranno parole / a tutto spiano”. L’ironia rimane vigile anche in presenza di altre “fisime” tipiche di chi cerca di scrutare quale impressione possa, il sé medesimo, suscitare allo sguardo altrui, qualora distrattamente gli vengano posati addosso gli occhi, oppure se all’improvviso ci si ricorda di un andazzo strano del colore della pelle, segnali vari di un imperfetto quotidiano, tematiche che denudano anche fragilità incombenti, temute come avvisaglie di futuri spaesamenti, vie crucis avare di resurrezioni: “A volte hai fatto finta / di guardare i prezzi / davanti a una vetrina / solo per controllare / nel torbido riflesso / i risvolti i capelli / e le toppe del cuore / la sagoma d’insieme / il piglio di giornata”. Ci sono anche bucolici paesaggi che suggeriscono suggestive traslazioni che viaggiano fra presente e passato: “e intanto / il rumore dell’acqua – la nostra cometa – guidava i saltelli nel guado / dei nostri giorni insicuri”. Passato, presente e futuro, dunque, fanno di frequente capolino fra le pagine poiché è “il tempo / chi ci ha buttati dritti e per intero / in questo inestricabile mistero”.

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felipe67
Recensioni: 5/5
Paesaggi interiori

Una sviluppata “inventiva” ramificata in molteplici direzioni del quotidiano esistere che, da cima a fondo, coinvolgono il lettore. Ci sono, nella raccolta, sprazzi di tempi lontani che riaffiorano nell’immaginario individuale in virtù di poetiche interpretazioni di genesi. Così, dalla sarabanda di umori, emergono anche inconsueti paesaggi interiori che talvolta inopinatamente affiorano e che l’ovvio pudore di norma provvede a rimuovere: quel pudore dell’uomo comune che si scopre a pensare cose “strambe”, e che il poeta invece, giocando ad un livello superiore, condendo il pudore d’umorismo, riesce a fare lievitare, illuminando gli episodi d’ironia: “In modo regolare / mi frequento / m’apostrofo e mi stuzzico / con tocco rispettoso / mi busso dentro / e aspetto sotto casa / diffidente e guardingo / se nella controversia / voleranno parole / a tutto spiano”. L’ironia rimane vigile anche in presenza di altre “fisime” tipiche di chi cerca di scrutare quale impressione possa, il sé medesimo, suscitare allo sguardo altrui, qualora distrattamente gli vengano posati addosso gli occhi, oppure se all’improvviso ci si ricorda di un andazzo strano del colore della pelle, segnali vari di un imperfetto quotidiano, tematiche che denudano anche fragilità incombenti, temute come avvisaglie di futuri spaesamenti, vie crucis avare di resurrezioni: “A volte hai fatto finta / di guardare i prezzi / davanti a una vetrina / solo per controllare / nel torbido riflesso / i risvolti i capelli / e le toppe del cuore / la sagoma d’insieme / il piglio di giornata”. Ci sono anche bucolici paesaggi che suggeriscono suggestive traslazioni che viaggiano fra presente e passato: “e intanto / il rumore dell’acqua – la nostra cometa – guidava i saltelli nel guado / dei nostri giorni insicuri”. Passato, presente e futuro, dunque, fanno di frequente capolino fra le pagine poiché è “il tempo / chi ci ha buttati dritti e per intero / in questo inestricabile mistero”.

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