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Mi sembra qualcosa di già letto e a parte questo trovo irritante trovarsi alla fine di fronte al primo di una serie di libri. Il lettore dovrebbe essere avvertito. Chi , come me , non ama le serie dovrebbe essere in grado si scegliere.
Ben congeniato e ben scritto. E' horror, gotico ma anche grottesco: i ben studiati caratteri dei personaggi, soprattutto delle vittime, si riflettono anche in ciò che li raggira e li intrappola. Non posso approfondire ulteriormente per non rovinarvi la sorpresa. Si legge d'un fiato, è una piccola perla.
La ciclicità della storia dovrebbe essere il suo punto di forza, Invece secondo me è il punto debole. Non è possibile approfondire i protagonisti, le vittime, i quali sono costruiti bene e dispiace trovare nuovi protagonisti ogni capitolo. Finale nella media....non so se leggerò il probabile seguito
Recensioni
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Si può non aver letto i precedenti libri di David Mitchell (per quanto lui sia uno scrittore di culto e chi ne legge uno non riesce a non comprare gli altri) e amare ugualmente, e intensamente, affrontandolo con uno spirito libero da attese e capace di stupirsi a ogni pagina, I custodi di Slade House. Un romanzo nato su Twitter e finito, poi, in un prodotto eccellente: un insieme di scatole cinesi che si aprono l’una nell’altra, davanti a un baratro sempre più nero e profondo.
Ma chi sono “i custodi”? Sono Norah e Jonah, due gemelli dalla storia lunga e complessa, vampiri di anime e adepti del Cammino Ombroso, che ogni nove anni devono nutruire la propria immortalità con le anime brillanti di persone “dotate”.
Cos’è Slade House? Il luogo in cui i dotati vengono attirati e sacrificati: una casa che non esiste, distrutta dai bombardamenti della Seconda Guerra mondiale, ma nella quale si entra attraverso una piccola porta visibile solo ogni nove anni. La porta dà accesso ai costrutti creati dai gemelli, vale a dire a realtà parallele, che servono a Norah e Jonah per tranquillizzare le vittime, incastrarle e annientarle. L’atmosfera che regna in tutti i capitoli del libro, uno per ogni vittima, dal 1979 al 2015, è di soffocamento e spaesamento. È come trovarsi “in un gioco da tavolo progettato da un M. C. Escher alcolizzato, insieme a Stephen King con la febbre alta”, per parafrasare la sensazione provata da una delle vittime, Sally, durante la sua permanenza nel costrutto.
Riattraverso di corsa la stanza fino alla porta rivestita di legno e me la chiudo alle spalle con un tonfo, tremando per il disgusto, per l’orrore, per… La pendola batte, tranquilla e controllata. Lontano, in basso, l’atrio con il pavimento bianco e nero è silenzioso. Più su la porta chiara mi aspetta. È un acido salito male. Ne ho sentito parlare, di questi trip.
E se avete letto Doctor Sleep di Stephen King, potreste anche immaginare di trovare i gemelli nella carovana di Rose Cilindro… Ogni capitolo ricorda una puntata di America Horror Story: un punto di arrivo in sé ma anche di partenza per la puntata che seguirà.
Non far vedere la paura è una cosa, però non posso non provarla. Mi striscia dappertutto, si infiltra sottopelle.
La scrittura di Mitchell è in grado di contenere il “genere” e piegarlo, plasmarlo, per farlo diventare un horror ma che horror non è. Se non nella sua forma più sublime, quella che – a prescindere da tutto – sotto forma di imperituro quesito, il genere umano si pone: ma il male esiste? ed è possibile, davvero, sconfiggerlo?
Timms. La morte è l’unica cosa garantita nella vita, giusto? Lo sappiamo tutti, eppure siamo programmati per averne paura. Questa paura è il nostro istinto di sopravvivenza e finché siamo giovani ci è di grande aiuto, ma quando diventiamo vecchi è una maledizione.
Recensione di Beatrice De Carli
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