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Un libro stupendo,da leggere e rileggere...finalmente viene "data voce" a ki in quegli anni credeva in qualcosa ed è morto x quei valori.
Sn una studentessa romana ventunenne,gli anni del liceo spesi nell'attivismo politico con i collettivi romani e una profonda cultura antifascista.Quest'estate ho volutamente comperato questo libro,per la profonda convinzione che bisogna cercare di comprendere ciò che va oltre le proprie idee.Io negli anni di piombo nn c'ero ma,ho due genitori che in quegli anni erano adolescenti,impegnati nella lotta politica in opposti schieramenti,ma che credevano profondamente in ciò che facevano,totalmente convinti che il mondo potevano e dovevano cambiarlo;poi tutto è degenerato,con le P.38,le B36 e le molotov,è affiorato aun'odio senza appello,che forse dalla resistenza continua a caratterizzare i nostri modi di fare perchè il fascista è sempre stato visto come un rozzo,soprattutto da certi ambienti che si ritengono "intellettualmente in".Così si è cominciato a sparare per le strade e,tanta gente,troppa,su quelle strade c'è rimasta;penso ai "nostri" Valerio Verbano, Giorgiana Masi, Piero Bruno;di loro ho sempre saputo tutto,ho letto quintali di carte,ho preso parte a centinaia di dibattiti,ho sentito una moltitudine di gente parlare.Prima di quest'estate,o meglio,prima di queste splendide pagine che ho divorato tutto d'un fiato,credevo che esistessero morti di serie A(i "Nostri")e morti di serie B(i "Vostri"),questa differenziazione,a dir poco idiota,deriva da quello stupido senso di cieca appartenenza che deriva dalla lotta politica,dal mero odio per il diverso, una strana forma di razzismo e xenofobia,che colpisce anche noi,"i colti di sinistra" che ce ne credevamo tanto immuni.Ma quando ho letto quelle storia,ho avvertito le sensazioni di quelle madri, mi sono sentita raggelare ed è stato lì che ho capito che ogni persona che muore per le proprie idee è un martire e come tale va commamorato, perchè nessuna lotta politica da l'autorizzazione ad un'individuo di ammazzare barbaramente un proprio simile,questo libro mi ha fatto comprendere quanto"loro"non fossero diverse da"noi",come spendessero la propria vita x un'ideale.
Era ora. Non un commento personale dell'autore ma una raccolta di testimonianze incentrate sulle persone invece che sugli "eventi". Per la maggior parte erano dei ragazzini di 17 anni o poco più. L'età degli ideali, l'età in cui si ha bisogno di punti di riferimento. L'età in cui è difficile capire quando altri strumentalizzano questi ideali per scopi personali: i politici di professione e i "cattivi maestri" che ancora oggi passano per "intellettuali illuminati" e che invece, in quegli anni, "usarono" questi ragazzi di destra e di sinistra per fini politici od eversivi. La Mambro e Fioravanti lo capirono ("Storia nera" di Andrea Colombo, Cairoeditore) subito dopo i fatti di Acca Larentia: reagirono, purtroppo, nella maniera sbagliata. Certe cose non si dimenticano: quando rischiavi ogni mattina di essere malmenato solo perchè compravi in edicola "il Giornale Nuovo" di Montanelli. Quando avevi tutti i professori contro al liceo perchè erano di sinistra o facevano finta di esserlo per non avere guai. Quando eri isolato "dal gruppo" solo perchè non la pensavi come loro: se non eri "di sinistra" eri "un fascio"... anche se, molto semplicemente, volevi pensare con la TUA testa. Ramelli, per questo, pagò con la vita: perchè, semplicemente, pensava e scriveva con la sua testa e non tramite le ideologie del gruppo. Un applauso a Ramelli per il suo coraggio e tanto SCHIFO per chi applaudì in consiglio comunale a Milano e per chi avrebbe voluto farlo ma non c'era. Chi ha vissuto queste cose non dimentica. Chi non le ha vissute le può meglio comprendere leggendo questo libro di Telese.
Recensioni
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La scelta di ricostruire la storia dimenticata di ventuno giovani missini assassinati tra 1970 e 1983 è senza dubbio importante. Tuttavia tale coraggioso proposito non è sufficiente a trasformare uno zibaldone sia pure riccamente documentato in una ricerca capace di fornire un solido inquadramento socio-olitico dell'Italia negli anni di piombo. Sovrapponendo disordinatamente testimonianze e considerazioni personali componendo una straordinaria girandola di fonti scritte e orali il libro di Telese formula una denuncia piuttosto esplicita contro la presunta egemonia culturale della sinistra e la disonestà intellettuale con la quale gran parte dei comunisti di allora demonizzò i propri avversari e gran parte della sinistra di oggi ha rimosso dalla coscienza il peso delle proprie vittime. A tale obiettivo polemico maneggiando con disinvoltura il lutto la memoria il senso di colpa e il perdono l'autore affianca seguendo l'autorappresentazione degli stessi protagonisti una rilettura della storia che fa della gioventù missina di quegli anni una comunità talora spietata ma sempre assediata la cui violenza altro non era che eccesso di autodifesa. Emblematico di tale impostazione risulta essere il settimo capitolo dove la persecuzione certo odiosa subita da Sergio Ramelli (ucciso nel 1975) tra i banchi di scuola è abbinata all'azione legale condotta dal procuratore Luigi Bianchi d'Espinosa nei confronti del partito di Giorgio Almirante. Un libro insomma che suscita perplessità. Per almeno due ragioni: innanzitutto perché favorisce la pericolosa sindrome che fa del conteggio delle vittime il centro della storia; in secondo luogo perché rivela l'incapacità di lasciarsi alle spalle dopo il culto del ventennio quello macabro e senza vera pietas dei caduti di ieri.
Federico Trocini
Ventuno morti, un unico filo di sangue che attraversa un decennio complesso di storia italiana. Ventuno giovani, quasi tutti di destra o comunque considerati tali, caduti nella guerra spietata degli anni di piombo: mitizzati dai loro camerati, demonizzati dai loro nemici, dimenticati da tutti gli altri. Ma prima di tutto ventuno ragazzi e altrettante storie che dicono molto sul nostro presente e che per la prima volta vengono sottratte alla memoria di una parte per essere restituite alla memoria condivisa di un intero paese. Storie tragiche, sorprendenti, emblematiche, sanguinose e drammatiche: il romanzo criminale degli anni di piombo. Questo libro è il frutto di un lavoro durato più di tre anni, durante i quali l'autore ha raccolto documenti spesso inediti, scovato fotografie, compulsato atti processuali, ritrovato vecchie interviste e trasmissioni televisive, ascoltato le voci di famigliari, amici e sopravvissuti a una stagione di odio e violenza. Dalla morte di Ugo Venturini, ucciso nel 1970 da una bottiglia lanciata per fermare un comizio di Giorgio Almirante, fino all'uccisione di Paolo Di Nella nel 1983, quando una tragica stagione sembrava conclusa; in mezzo una sequenza di morti salite agli onori della cronaca - la strage di Primavalle, l'uccisione di Sergio Ramelli - e altre ormai dimenticate.
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