"Queste cose non hanno 'cosità', sono oggetti di plastica, sono falsi oggetti": le parole di Cornelius Castoriadis (che poi riporta una citazione tratta da un'opera di Lasch, suo interlocutore in questo dialogo condotto da Michael Ignatieff), che il filosofo greco fa sua per l'occasione, esprimono, in modo impeccabile, l'angoscia del pensatore e psicoanalista di origine greca di fronte a un mondo che muta radicalmente e che, purtuttavia, egli non cessa di interpretare con gli strumenti del dissenziente, del pensatore che non intende contribuire alla stabilizzazione dei significati dati. La riproposizione nella forma di un agile volumetto della conversazione tenuta sul canale televisivo pubblico britannico Channel 4 il 27 marzo 1986 sotto la conduzione di Ignatieff gravita intorno a una serie di punti, rispetto ai quali si dipanano linee interpretative diverse. Gli spunti di riflessione maggiormente pregnanti e significativi provengono dal filosofo e psicoanalista greco e rivelano quanto poco sia da considerarsi casuale il progressivo ritorno d'interesse per la sua opera, nel confronto con la quale si sono misurati importanti interpreti. Già lavori come quelli curati da Fabio Ciaramelli ed Enrique Escobar (si veda la bibliografia nel riquadro) hanno avuto, senza prescindere, anzi, nella piena considerazione dal loro valore oggettivo, il merito di tenere viva, attualizzandola, l'interrogazione di Castoriadis sulle forme contemporanee del legame sociale e politico, nonché sulle forme della conoscenza e del sapere che le legittimano ideologicamente. Interpretato nella maniera del contrappunto, la trascrizione di questo dialogo tiene in sé tutta la tensione teorica di quel gruppo di intellettuali che è stato Socialisme ou barbarie di fronte ad un certo epilogo della modernità, di cui si indaga la logica sociale complessiva, colta nelle sue più svariate sfaccettature, politiche innanzitutto, ma anche giuridiche, sociali, antropologiche. Sullo sfondo c'è la considerazione che la tensione universalistica propria di un certo marxismo abbia costituito un orizzonte di crescita per le democrazie borghesi, nonché il rammarico per l'eclisse di questo approccio alla realtà. A questa riflessone si accompagna un'interrogazione sulla costituzione psicologica, intersoggettiva, finanche sessuale del singolo, nell'era di un capitalismo su cui i più hanno investito una tale carica di fiducia, da percepire se stessi come unti dalla storia. Nel dibattito in questione, a una certa ingenuità teorica di Ignatieff, (che tende a dissolvere la specificità della situazione attuale riportandola ad una querelle singolo-comunità che affonderebbe le sue radici nella notte dei tempi, limitandosi ad aggettivare lo spazio pubblico come "vuoto" e riportando l'individuo contemporaneo all'interno della teoria liberale classica, rivendicando un manipolo di valori "essenziali", fondamentali per la convivenza), ben si oppone il tenore complessivo delle argomentazioni degli altri due interlocutori, ma soprattutto di Castoriadis, legati da forte affinità culturale e da un importante vincolo di amicizia. Gli assi portanti intorno a cui ruota quest'importante documento sono essenzialmente due: la perdita di senso della dimensione comunitaria all'interno di un più complessivo svuotamento del valore della sfera pubblica da un lato; dall'altro lo statuto sociale e antropologico di quel soggetto che, risolvendosi nel privato, antepone l'affermazione di sé come singolo a quella di sé come membro di un'umanità da liberare. Si tratta di un'importante cambiamento di prospettiva, nel quale hanno rilevanza tanto gli studi pregressi di Lasch sull'"io minimo" e sulla famiglia quale paradossale "bene rifugio" di un'umanità indotta dalla perdita di legami comunitari a ripiegare su realtà nucleari fortemente minate, quanto le riflessioni di Castoriadis in tema di soggettività, immaginario, dialettica istituente-istituito. Il declino del discorso pubblico, sul quale non ci si è interrogati abbastanza (e rispetto al quale il punto di vista di chi scrive è che gli psicoanalisti abbiamo molti strumenti interpretativi) rende effettuale un dispositivo nel cui ambito la rivendicazione di istanze particolari non ha più un effetto virtuoso, restando confinato, semplicemente, all'oggetto particolare su cui verte. La sensazione di una sostanziale "perdita di senso" dell'agire contemporaneo, allora, risulta strettamente connessa tanto alla spettacolarizzazione dell'io cui fa riferimento Lasch, quanto ad una spettralizzazione della vita politica, ridotta a mero conflitto d'interessi, fini a se stessi, incapaci cioè di elevare a dignità di universale queste rivendicazioni. La modernità, quale luogo di perdita dell'universale come cornice nel cui ambito inquadrare la singolarità, sembra in questa fase storica scontare questa sua dinamica fondativa nell'incapacità totale di trascendere il dato nella direzione del valore. Comincia così a prefigurarsi in questo dibattito proprio quel fenomeno di "preclusione generalizzata" dell'universale, che, per alcuni psicoanalisti, è la cifra più fortemente caratterizzante il soggetto contemporaneo dove la soggettività stessa coincide con il proprio interesse e non si abilita a parlare se non a partire da un accesso immediato, unicizzante e irripetibile, con un oggetto determinato, sovvertendo ogni gerarchia con l'ideale. L'oggetto in questione, l'oggetto che interdice l'accesso all'universale (senza alcuna nostalgia per le ampie vedute degli uomini di cultura, che cos'è la specializzazione del sapere se non un rapportarsi ad un oggetto che rende impossibile la percezione della totalità?), intorno al quale una certa civilizzazione capitalistica ha costruito un'illusoria liberazione dalle pastoie della verità, si rivela in tutto il suo volto anomico: espulsivo della dimensione soggettiva è potenzialmente in grado di rendere autistico il suo fruitore. Ecco il gadget. L'alternativa: Socialismo o barbarie, vive di un suo importante momento di riattualizzazione, nella netta percezione che la logica capitalismo, quale "fatto sociale totale", sfugga forse più ai suoi sostenitori che non ai suoi detrattori. Il bellissimo ricorso di Castoriadis alla nozione di tragico per definire i regimi politici democratici attesta la difficoltà, propria della società moderna, di darsi una regola di autolimitazione che non sia semplice padroneggiamento di un determinato oggetto. Oggi come oggi, ritiene di poter parlare solo chi fa esperienza in prima persona dell'oggetto. Potrà guidare la nazione solo chi ha conquistato una posizione "facendosi da sé": l'assurdità di questo tipo di affermazioni si può ricondurre all'incapacità dell'oggetto contemporaneo di situare il soggetto in una prospettiva che trascenda la sua singolarità. Anche in questo senso, l'oggetto contemporaneo è "falso". Sorge, però, un interrogativo: quale tra gli oggetti è maggiormente ingannatore per il soggetto? Il gadget, che seduce a partire dalla sua assoluta "perdita di sostanza", o quello "vero", quello non di plastica (di cui hanno nostalgia Lasch e Castoriadis) che rende il suo fruitore un "vero" soggetto, padrone del proprio senso e del proprio destino? Non è forse proprio la possibilità di disinganno radicale (seppur così seduttivo per i più) che il gadget rende possibile, una possibilità di liberazione per quei singoli, poco disposti a credere alla "cosità" dell'oggetto? Di fronte a questa sfida, la cui portata sfugge ai più, bisogna riconoscere che, per qualcuno, il capitalismo attuale è anche una possibilità di liberazione. Liberazione, che, tragicamente, valendo "per tutti e per nessuno", esclude la possibilità di un'emancipazione collettiva, così come esclude ogni richiamo a quell'"universale concreto" che giace al cuore dell'elaborazione marxista. In questo caso, però, si schiuderebbe un altro orizzonte semantico e concettuale di un egoismo, stavolta definitivamente sciolto dalla pletora delle identificazioni narcisistiche e da quell'"io minimo", che costituisce la cifra esistenziale dell'agire di massa orientato nella nostra società. Vincenzo Rapone
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