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Raffinato flusso di pensiero con partenza da Berlino all'epoca del crollo del muro, tappe attraverso le Twin Towers e l'arte più innovativa degli anni '90, passaggio sulla profetica letteratura di DeLillo ed i libri di Sebald e di Langewiesche di commento rispettivamente al nazismo ed a Ground zero, per poi ritornare, attraverso cinema e filosofia, alla Berlino del museo di Libeskind ed agli edifici dello stesso che prenderanno il posto delle Torri. I libri di Belpoliti sono miglioria per la mente.
Recensioni
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Per una volta, visto che descrive il libro in maniera concisa, si può copiare la quarta di copertina: "Nell'arco di un decennio due crolli, opposti e simmetrici, hanno segnato la storia occidentale: la caduta del Muro di Berlino e l'abbattimento delle Torri gemelle. Le macerie della prima sono diventate un gadget per turisti, quelle del secondo sono state invece rimosse e occultate come un oggetto osceno". L'idea è bella, dai contorni a spigolo vivo.
Ma è davvero questa simmetria bilaterale la chiave del nuovo libro di Belpoliti? In verità Crolli appare lontanissimo dalle opere ravvolte intorno a un'idea sola. Chi legge il Belpoliti attuale è colpito dalla pacatezza della voce: si avverte sotto i tasti del suo strumento a percussione la presenza del feltro. Alla temperanza dell'intonazione corrisponde però quella stessa insaziabilità che muoveva un Belpoliti appena uscito dal Settantasette bolognese a leggere per "il manifesto" libri di antropologia, fisica, fotografia, biologia, architettura, storia, la cui importanza si sarebbe colta assai più tardi. Nella persona che oggi si occupa della polvere, dei colori, del filo spinato, o più semplicemente dell'ultimo romanzo colombiano o islandese, la voce e il passo sono il precipitato biochimico di quella curiosità giovane e onnivora.
Come per gli articoli di allora, leggendo Crolli si ha la sensazione di trovarsi di fronte a un libro che con il tempo aumenterà di valore e visibilità: come stare al buio nel laboratorio di un vecchio fotografo mentre le immagini emergono poco per volta imponendosi alla lastra. Crolli è un racconto a colpo di vento, dove la voce del buonsenso nasce dall'estremismo del pensiero. E stavolta, quel tanto di affrettato che sempre si percepisce nella scrittura di Belpoliti viene a coincidere con l'armonia di un non finito volontario. Di questa liberazione gode non soltanto il suo linguaggio, ma anche la struttura del volume, la cui simmetria vera consiste nel fatto che un libro dedicato alle catastrofi del secolo XX si presenta come costruzione modulare e ben pensata. È nella brevità di questo racconto d'immagini straordinarie la chiave della sua riuscita: perché nelle cose più fulminee Belpoliti pare attraversato dalla stessa corrente sciamanica che accelerava il Pasolini critico degli ultimi anni, quello di Descrizioni di descrizioni . C'è la stessa capacità di designare facendo centro all'istante. E se una riserva gli si può muovere, è verso la sua renitenza a schierarsi dopo aver descritto, verso un eccesso di avalutatività entro un libro passionale.
Non per niente le pagine più terse sono dedicate a Daniel Libeskind, autore del Museo ebraico di Berlino e del progetto che rimodellerà Ground Zero - progetto che fa da protagonista nel capitolo finale di Crolli , intitolato Il tempo penultimo : alla nozione logora di apocalisse, Belpoliti contrappone l'apocatastasi: "la reintegrazione, alla fine dei tempi, di ogni cosa creata". Chiusura consolatoria? Chissà. Forse dal significato etimologico di apocalisse, "rivelazione", si può ancora spremere una goccia di senso, augurando a Belpoliti di scrivere il suo libro apocalittico. Di rivelarsi, ma senza rendersene conto; a capire penseranno i lettori.
Domenico Scarpa
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