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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
Chi siamo veramente? E qual è il nostro posto in questo universo immenso che ci circonda? Le prime risposte a queste domande arrivano dal pensiero greco. E ancora oggi possono aiutarci a dare un senso alle nostre vite.
«La civiltà greca ha prodotto una riflessione luminosa sul senso della condizione umana - su quello che siamo e sul valore delle nostre vite - capace di attraversare i secoli, influenzando e stimolando grandi scrittori e grandi pensatori. Lo ha fatto partendo dal tema della morte: questo è il punto di attacco. La morte è uno scandalo, un mistero, qualcosa che non riusciamo e non possiamo accettare. Il problema non è tanto quello di dover morire; ne siamo tutti consapevoli. A essere insopportabile è l'idea che questo fatto, il fatto che prima o poi ce ne andremo, rischia di togliere valore alla nostra esistenza, qui e ora. Quale è il senso di qualcosa che non c'era, c'è e non ci sarà? Quale il valore di qualcosa destinato a scomparire nell'oblio? È questa la domanda a cui bisogna trovare una risposta, perché è qui la chiave per comprendere il senso della nostra esistenza».
Un tempo molto lontano gli esseri umani erano diversi. Avevano quattro gambe, quattro braccia e due volti che permettevano di vedere ovunque. Simili a sfere si muovevano rotolando velocissimi. Erano lisci e levigati, felici e potenti. A causa della loro superbia però furono puniti dagli dèi. E da quel momento non si sono mai piú sentiti completi. Hanno iniziato a soffrire e a temere la morte. La storia del pensiero è la storia dei tentativi di porre un rimedio a questa incompletezza, per tornare a essere felici. Di questo, e di nient'altro, hanno parlato i piú grandi scrittori greci, fossero poeti come Omero o filosofi come Platone e Aristotele. Mauro Bonazzi ci accompagna nel labirinto di risposte che gli antichi hanno cercato di dare alla domanda piú annosa di tutte: dove si nasconde il senso delle nostre esistenze? Cercare di comprenderlo, attraverso l'aiuto della filosofia, costituisce ancora oggi uno sforzo decisivo per chi è impegnato nel mestiere piú bello e difficile, che è quello di vivere bene.Indice
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Un saggio affascinante e coinvolgente, che ricostruisce in maniera mirabile le proposte elaborate nel mondo greco di fronte alla domanda fondamentale, la domanda sul senso della nostra esistenza.
Davvero apprezzato. Le riflessioni dell'autore e i continui riferimenti, arricchiscono la lettura ad ogni pagina.
Qual è il fine della vita? La felicità, lo dicono tutti. Lo dice anche Aristotele nell'Etica Nicomachea. Ma come si raggiunge la felicità? Se uno è povero vuole di diventare ricco. Se uno è malato cerca di diventare sano. Lo diceva anche Orazio elencando le ambizioni e le aspirazioni umane. C'è chi vuol risultare vincitore nelle gare olimpiche, c'è chi vuole diventare un politico, c'è chi vuole diventare padrone di molti iugeri, c'è chi vuole coltivare i campi paterni, c'è chi vuole diventare un ricco mercante, sfidando le tempeste del mare, c'è chi si accontenta di un bicchiere di buon vino, c'è chi vuol fare il soldato, c'è chi vuol fare il cacciatore, il venosino invece vuole diventare un poeta lirico e toccare il cielo con un dito (feriam sidera vertice). La domanda si colloca nella classica "quaestio" degli antichi: tis aristos bios? C'è chi ama il philotimos bios (gli onori), chi il philochrematos bios (denaro), chi il philedonos bios (i piaceri) e c'è chi si distingue dal vulgus aspirando alla philosophos bios (la sapienza). Ecco tutti gli uomini nella ricerca della felicità rientrano in queste quattro categorie. Aristotele parla invece tre tipi di vita: quella dedicata ai piaceri, alla vita politica e alla vita contemplativa. La prima è la "dolce vita", quella di Sardanapalo ("questa è una vita propria degli animali"), la seconda ha per modello gli eroi omerici che si battono per le cose, il bottino e i doni (di qui il disprezzo di Auerbach che contrappone l'Iliade alla Bibbia). Gli eroi dell'iliade si battono per la forza, ma la forza è il tema centrale? No, l'Iliade è il poema della morte. E gli eroi muoiono per il "kleos" (gloria). Questo fa sì che la vita degli uomini sia come quella delle foglie (Iliade, 6,145). Gli uomini sono quindi "ephemeroi", creature di un solo giorno come le farfalle e come lo mosche. Il tema centrale della vita è la morte e questo ha fatto sì che i Greci creassero la tragedia massima espressione del genio umano.
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