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recensione di Bellofiore, R., L'Indice 1988, n.10
Il libro di Bagnasco raccoglie alcuni saggi pubblicati tra il 1981 e il 1986, che proseguono una linea di ricerca che aveva già dato frutti illuminanti per l'intera problematica dello sviluppo economico e sociale degli anni settanta in "Tre Italie". La problematica territoriale dello sviluppo italiano (Il Mulino, 1977).
L'espansione nelle aree centrali e nord-orientali di un sistema di economia diffusa di piccole imprese, non riducibili semplicisticamente a esito di decentramento, dalle grandi imprese in funzione della ricerca di condizioni più favorevoli di costo ed uso del lavoro, aveva aperto una serie di interrogativi. Era possibile uno sviluppo basato sulla piccola impresa industriale? Perché il rilancio dell'industria minore era avvenuto in alcune aree del paese e non in altre?
Con un approccio fondato su astrazioni di medio livello in grado di riconoscere ricorrenza di caratteri tipici e specificità regionali - e che si lascia apprezzare soprattutto per la sobrietà delle risposte a queste domande - Bagnasco individua nella complessità originaria della società italiana la sedimentazione di risorse mobilitabili dal mercato in condizioni di incertezza. In altri termini, nella società italiana convivrebbero formazioni sociali differenti in conseguenza dell'essere l'Italia sede del primo capitalismo, paese 'secondo venuto' nel processo di industrializzazione, politicamente caratterizzato da uno stato nazionale poco più che centenario: "il sistema sociale complessivo è l'articolazione di questi sistemi parziali, e gli attori si muovono spesso fra le differenti formazioni sociali".
Dopo avere delineato nell'introduzione e nel primo capitolo le linee generali del ragionamento ed il modello interpretativo, i capitoli successivi definiscono le coordinate spaziali e temporali dall'analisi, presentano il caso particolare della Toscana, sottolineano rischi e significato della erronea confusione tra il fenomeno dell'economia informale e dell'economia di piccola impresa, ed infine discutono se il modello dell'economia diffusa possa essere esteso al Mezzogiorno.
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