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In un commento al precedente romanzo di questo autore cassinate, “Incandescente”, scrivevo che pochi autori riescono a essere così spiazzanti nel costruire il pathos fino alla risoluzione. “La costruzione del mattino” ci consegna questa tendenza, che diventa arte solo per gli scrittori di razza come Coppola: il finale è lancinante, ti resta dentro la malinconica rabbia di non volere che la storia si concluda così, dopo pagine congegnate con la perizia di chi conosce ogni stratagemma per rendere vivo ogni personaggio. La dodicenne Domizia e le sue fantasie “aliene”, nel desiderio di fuga da una vita ordinaria e da quella solitudine per colpa dei grandi; il padre scrittore presente solo a se stesso con i propri romanzi, che sono terapeutici per elaborare il colpo di sterzo finale dove ogni senso ritrova il suo posto. “Forse è un pessimo padre. Anzi, di questo ne è certo. Un padre che non ascolta, e se ascolta lo fa distrattamente…). E poi c’è Cinquecentesimi, il barbone reietto da Dio e dalla società: l’autore si diverte in modo maniacale a costruirne la genesi per rinforzare il disagio del mondo che lo condizionerà per sempre, facendolo manovrare nei meccanismi della narrazione. Anche qui ritroviamo il senso della speranza e della redimibilità, ma solo se sapremo attendere con pazienza l’autore che scoprirà le sue carte piano piano, una dopo l’altra. Come è inevitabile per il suo stile scrittorio, Coppola alterna il ritmo della narrazione diretta con riflessioni esistenziali profonde: a volte si serve di Domizia, del padre, di Costantino, del simpaticissimo alieno Ilsismi (siamo sicuri che abbia origini extra-terrestri?), in altri spunti si mette in diretto contatto con noi attraverso la sua voce narrante. Questo è un romanzo pieno di amore desiderato, dove ognuno cerca il proprio orizzonte in uno spazio temporale che non è solo quello presente. In questa ricerca di verità personali anelata dai protagonisti, ciascun lettore ritroverà più di una parte di se stesso.
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