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Il linguaggio inclusivo è un'idea seducente. Tuttavia il cuore del problema sta quasi sempre altrove. Perché i significati sono piú importanti dei significanti. Perché includere certe categorie può significare escluderne altre. E perché le buone pratiche, ove fondate sul ricatto morale, rischiano seriamente di convertirsi in cattive regole.
«Lo scrittore e linguista torinese ha dedicato un pamphlet al simbolo con cui da due anni si cerca di rendere la lingua italiana più inclusiva. Che arriva a questa considerazione: "Introdurre un uso linguistico senza passare per il filtro dell'uso pratico è un'operazione demagogica".» - Nicola Gallino per la Repubblica
Il dibattito sul linguaggio inclusivo è tornato prepotentemente in auge negli ultimi tempi grazie a interventi di addetti ai lavori sul tema delle dissimmetrie di genere in italiano. Molto si discute, in particolare, con posizioni sempre piú polarizzate e toni sempre piú ruvidi, sulla proposta di utilizzare il simbolo fonetico dello «schwa», corrispondente a un suono vocalico «neutro», per superare il cosiddetto «binarismo» linguistico. In questo libro, partendo dalla questione del maschile «non marcato», si riflette sull'eccessiva importanza attribuita ai significanti rispetto ai significati e si propone un'analisi costi-benefici di una soluzione che, pur partendo da premesse in parte condivisibili, riduce il discorso sul linguaggio a una pura questione espressiva a scapito della dimensione comunicativa e di quella pragmatico-testuale, rivelando un atteggiamento moralmente ricattatorio e al tempo stesso elitista da parte di chi, in nome dell'inclusività, rischia di compromettere gravemente l'accessibilità e la funzionalità della lingua.
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Debenedetti è un uomo mite e cauto; e forse il suo ragionamento sui limiti implicati dalla rivendicazione della schwa e connessi ne risente. si poteva essere più severi nei confronti di una bandiera che sotto la veste dell’inclusione comporta una violenza sulla lingua e i modi del suo cambiamento, che non dipendono dalla bella trovata di persone digiune di linguistica e di cambiamenti sociali. Una minoranza che opera per la trasformazione non passa attraverso tentati editti e comportamenti di superficie. Anni fa la “Psicologia delle minoranze attive” di Moscovici, analizzando comportamenti concreti capaci di incidere sul mutamento sociale, indicava altre strade, evidentemente sconosciute a linguisti inaffidabili.
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