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La legge è sempre giusta? Come dobbiamo comportarci quando è legale ciò che si oppone alla nostra coscienza? Due tra le voci più rispettate nel dibattito pubblico del nostro paese – un uomo di Stato e un uomo di Chiesa – si confrontano a partire dalla propria visione della giustizia sui temi più urgenti del presente.
«Se e quanto la legge coincida con la morale è questione vecchia di secoli, se ne parla da quando Socrate bevve la cicuta, da innocente, semplicemente per non commettere ingiustizia. Suona come una novità che sull'argomento discutano, in un libro-dialogo, un colto uomo di chiesa come Vincenzo Paglia e un giurista cattolico di spessore come Raffaelle Cantone» – Mario Garofalo, Corriere della Sera
«L'intenso dialogo tra Raffaele Cantone e Vincenzo Paglia consegna al lettore una ricca collezione di riflessioni sulla contemporaneità. E riporta in evidenza quel dualismo tra cultura laica e cristiana che è un lascito strutturale della storia italiana, ma che, come mostra questa serrata conversazione, riesce a trovare numerosi punti di intesa» – Massimiliano Panarari, La Stampa
Le disuguaglianze, l'immigrazione, la sicurezza, la corruzione: su queste e altre questioni nevralgiche del nostro tempo abbiamo un atteggiamento diverso a seconda dell'idea di giustizia che assumiamo. Giusto è ciò che coincide con la legge? Raffaele Cantone e Vincenzo Paglia si confrontano senza pregiudizi o ipocrisie a partire dalle loro differenti visioni del mondo. Con un fine che inseguono testardamente pagina dopo pagina: comprendere e definire cosa è giusto. Con il più onesto dei mezzi: gli esempi tratti dalle loro esperienze professionali, in particolare quelli che chiamano in causa la nostra coscienza, quelli che la legge sembra non riuscire a codificare. Dalla più attuale e controversa questione dell'accoglienza dei migranti alla questione della corruzione, dai sistemi di repressione al modo di intendere la punizione e il perdono. Il dialogo è stato curato da Emanuele Coen, giornalista de «L'Espresso».
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Un dialogo a due nella prospettiva cristiana che porta a valorizzare la relazione nelle sue sfaccettature e sfondi non solo valoriali (amicizia, polis, humanitas, pietas,caritas) anche nel dualismo giustizia e legge, portando l’esempio di Antigone e Socrate. Seguono ricostruzioni argomentative di pregio culturale, storico e attuale. Il legislatore è però lontano avendo delegato alle autorità tecniche molte funzioni. Ma è il perdono che assume un ruolo nel “cammino di conversione laborioso e impegnativo da parte sia del colpevole che dell’offeso”, nei riflessi della giustizia riparativa e della sanzione, nei processi riconciliativi affidati più al processo che alla pena (cfr. «ubuntu» di Desmond Tutu). Si prosegue tematicamente: corruzione, simonia, lotte alle mafie (di cui all’illuminante ricostruzione di Cataldo Naro), nella contiguità de facto anche per i rappresentanti delle istituzioni, non senza evidenziare il “rischio opposto: quello cioè di creare il “santino”, l’eroe a cui affidare la conduzione di una battaglia giusta, mettendo però insieme realtà e leggenda”. Ancora: migranti, cattiva gestione dell’accoglienza, il clima di razzismo, ecc. Rimane il processo che già di per sé è una pena, nelle carceri come discarica sociale di chi è già ai margini. Solo la misericordia, l’amore del prossimo che mette al riparo la giustizia “dalla sua riduzione alla conformità della norma legale, aprendola al giudizio concreto della qualità morale (...) è la nostra reale via di uscita dai fallimenti dell’amore selettivo e della giustizia legale”. Si ipotizza una prospettiva minimalista nel minimo di norme e valori riconosciuti e accettati fuori dallo “imperialismo morale occidentale (M. Ignatieff ove) i diritti umani possono ricevere assenso univerale solo come teoria decisamente’sottile’ di ciò che è giusto, una definizione delle condizioni minime per qualsiasi tipo di vita”. Libro che ricorda ai cattolici storia e idee sulla giustizia mondana.
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