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Solito Simenon impeccabile solite 5 stelle.
Siamo a Le Lavandou, cittadina portuale. Petit Louis (Louis Bert, 24 anni) si esibisce in piazza a giocare a bocce mentre i suoi complici svaligiano l’ufficio postale, che frutta un ricco bottino poiché, per le feste del 14 luglio, notevoli somme di denaro vi erano state depositate. Grazie a questo colpo, di cui si vanta, riesce a far innamorare di sé la vecchia e ricca signora Constance Ropiquet, nella cui casa, a Nizza, si trasferirà. Ha manie di grandezza e vuole essere come i marsigliesi, sentirsi potente e grande, fare soldi in maniera facile e smettere di lavorare come ebanista. Luis si fa mantenere da Constance ma è nervoso perché i suoi complici, dai quali aspetta la sua parte di bottino, non si fanno più sentire. Ritorna a Marsiglia e dall’amante Lulù viene a sapere che deve guardarsi dai suoi complici perché lo sospettano di aver spifferato sul colpo, poiché la polizia aveva fatto una retata nel locale dove si riuniva la banda. Louis intuisce che Constance deve aver spettegolato con qualche amica e così i particolari della rapina erano arrivati agli informatori di polizia. Scopertosi tallonato da gendarmi, fugge a Cannes ma al ritorno trova Constance con la gola tagliata. Invece di informare la polizia, ne fa a pezzi il cadavere e lo getta a mare, cercando poi di impegnarne la pelliccia al Monte di Pietà e fuggendo a Mentone. Catturato dalla polizia, è imputato di una serie di crimini: omicidio, furto con scasso, falso e truffa aggravata. Numerosi testimoni sono convocati a suo sfavore, rivelando tutti i misfatti, anche minori e quasi trascurabili, del suo passato. Il dibattito in tribunale, mentre lui è incarcerato, prosegue ed occupa gran parte del racconto finale del romanzo. La condanna sarà dura: vent’anni di carcere ma nessuno indaga sulla scomparsa di Constance e così il vero delitto non viene scoperto. Romanzo duro, spietato, in cui la parte del dibattito in tribunale dà i brividi al lettore, tanto è resa con gran maestria e veridicità.
Un romanzo in cui nessuno si salva, ma che porta comunque a far immedesimare emotivamente il lettore – quasi a malincuore – nel protagonista, gagà di provincia con alle spalle un curriculum di piccolo truffatore, sfruttatore, rapinatore dilettante. Vittima della società, su cui cerca una maldestra rivincita, e di una giustizia narcisistica e autoreferenziale, che cerca il successo sulla ribalta della più becera cronaca nera.
Recensioni
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Soleva svegliarsi con il sorriso stampato in faccia, Petit Louis, da quando i suoi amici Marsigliesi lo avevano coinvolto nei loro loschi affari. Si vestiva con un abito elegante di panno, le scarpe a punta e un cappello di feltro color sabbia calato sull’occhio sinistro, si guardava allo specchio gongolante ed era certo che anche quel giorno tutto sarebbe andato per il meglio. A Marsiglia, se si fosse trovato a camminare per la via principale, si sarebbe fermata a salutarlo almeno una decina di persone, lo stesso sarebbe successo se fosse entrato in un qualunque bar di Cannes. Aveva venticinque anni, una busta piena di soldi depositata al fermo posta della stazione più vicina e una bella fidanzata, Louise, ad aspettarlo in una casa chiusa. Prima di conoscerlo era stata la donna di Gène, il capo dei Marsigliesi, ma adesso che facevano parte della stessa “famiglia” Gène non se ne sarebbe certo preoccupato. Del resto, senza il prodigioso diversivo che Petit Louis aveva inscenato nella piazza di Le Lavandou, una sfida a bocce ingaggiata con il direttore dell’ufficio postale, i Marsigliesi non avrebbero mai portato a termine quella rapina, e lui non avrebbe avuto l’occasione di conoscere la vecchia contessa d’Orval. Constance Salmon vedova Ropiquet era una donna corpulenta di mezza età, senza una goccia di sangue blu nelle vene, ma con un’ottima rendita garantita da un misterioso amante. Petit Louis, guascone e maliardo, in attesa della sua parte di bottino e di una migliore sistemazione era riuscito a convincere la vecchia a farsi ospitare nella sua casa di Nizza, persuadendola persino a far entrare nel suo stesso letto Louise.
Forse fu a causa di questo strano ménage à trois che il libro, scritto nel 1937, venne pubblicato in Francia solo nel 1941, perché tacciato di “assoluta immoralità”. O molto più probabilmente è la piega che prende la trama ad aver messo in imbarazzo i tutori della morale francese.
L’epopea di Petit Louis, questo fatuo malvivente dilettante, un personaggio che si vanta di colpi ai quali non ha mai partecipato e millanta conoscenze che non ha mai avuto, finisce per risolversi in un’accusa infondata e ingiusta. Succede infatti che, proprio mentre Petit Louis è lontano da Nizza per qualche tempo, la vedova d’Orval viene assassinata nel suo appartamento. L’ispettore Battisti, che fino ad allora era riuscito a incriminarlo soltanto per qualche rissa e altre piccole facezie, lo arresta con l’accusa di omicidio. Il processo si celebra in Corte d’Assise, il luogo deputato al giudizio sui delitti di sangue, dove decine di testimoni si susseguono: personaggi oscuri con cui si era vantato di prodezze mai fatte, vicine esasperate dalla sua irrequietezza giovanile e persino sua madre, che non vedeva più da anni. Le poche persone in grado di scagionarlo, come Louise, non si erano viste e del resto Petit Louis non se l’era presa più di tanto. Sul banco degli imputati l’unica cosa che gli importasse veramente, era avere la camicia pulita e il viso curato, per non sfigurare nella foto che il giorno dopo sarebbe sicuramente apparsa sui giornali.
Un grande romanzo di Simenon sulle contraddizioni della giustizia e la miseria dell’uomo spogliato delle sue vanità, un nuovo tassello dell’opera monumentale dello scrittore belga che l’editore Adelphi pubblica in Italia a distanza di 69 anni, in un momento in cui il dibattito sulle Corti e la giustizia è di estrema attualità.
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