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Descrizione


Negli ultimi due decenni i fenomeni di corruzione sono esplosi ovunque, nei paesi sviluppati e nel terzo mondo, nei regimi liberali e nei paesi dittatoriali. La corruzione è un grave rischio per i paesi democratici perché mina alla base i principi che guidano la democrazia (uguaglianza, trasparenza, stato di diritto) rischiando di delegittimarla, persino di destabilizzarla e distruggerla. Questo libro vuole offrire un'analisi delle varie forme che la corruzione assume nei paesi dell'Europa occidentale, ma anche in Russia e in Giappone e ne misura l'impatto sul sistema politico-amministrativo, sui partiti politici e sull'etica pubblica.
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Dettagli

1995
1 gennaio 1995
268 p.
9788820724887

Voce della critica


recensione di Bontempi, R., L'Indice 1996, n. 3

In Corea del Sud l'ex presidente della Repubblica, Rho Tze Woo è finito in prigione lo scorso mese in quanto reo confesso per aver accumulato milioni di dollari in tangenti; in Messico l'ex presidente Solinas de Gortari è tuttora latitante, inseguito da pesantissime accuse di corruzione. In Giappone "l'uomo nuovo" - che avrebbe dovuto riformare i costumi politici dopo la caduta - per corruzione - del partito liberaldemocratico, è stato travolto da uno scandalo dopo soli otto mesi.
Sappiamo dell'Italia, e anche della Francia e della Spagna. Ma più in generale, un po' dovunque è in atto una vera e propria sollevazione di parti consistenti di opinione pubblica contro l'arroganza e la corruzione delle élites, che si è tradotta in stimolo e appoggio all'azione della magistratura.
A Berlino è sorta una Ong, Transparency International, che propone contro la corruzione la stessa azione che Amnesty International ha condotto e conduce per i diritti umani. Per la prima volta organizzazioni e istituzioni sovranazionali (Ocse, Consiglio d'Europa, Parlamento europeo) hanno cominciato a progettare forme di cooperazione internazionale e di armonizzazione delle legislazioni per lottare contro la corruzione e i suoi legami con la criminalità organizzata.
Giunge quindi al momento giusto questa pregevole "opera collettiva"; i brevi saggi di diversi autori prefigurano un'analisi comparata relativa a sette paesi di tradizione democratica più o meno consolidata (Regno Unito, Francia, Italia, Germania, Giappone, Spagna, Russia). Lo sforzo, riuscito, è quello di individuare, insieme a differenze anche rilevanti, le costanti utili per comprendere i nodi strutturali del fenomeno, e definire di conseguenza una strategia di contrasto.
Non mi sembra che questo esercizio sia accademico, neppure per chi, come noi in Italia, ha visto sì con l'operazione "Mani pulite" i risultati del "crollo di un regime", ma non ha (ancora?) potuto scorgere quei cambiamenti e quelle innovazioni nelle regole, nei comportamenti degli attori pubblici e privati, nella cultura politica e amministrativa che facciano ragionevolmente prevedere la possibilità di una svolta.
In realtà proprio le "questioni comuni", proposte dai curatori nel saggio conclusivo, impegnano a una riflessione politica sulla riforma dello Stato e dei partiti, che non può assolutamente limitarsi, come sta avvenendo da noi, alle sole questioni della legge elettorale o del presidenzialismo. Quando viene posto il problema della partitizzazione dello Stato nelle sue varianti nazionali (spoil system americano, Proporz tedesca, lottizzazione italiana) di fatto si rinvia alla necessità di una redistribuzione del potere tra quattro soggetti fondamentali: i partiti, le istituzioni e la pubblica amministrazione, i poteri privati, i cittadini. Il che implica una distinzione che oggi - non solo in Italia, ma soprattutto in Italia - sembra travolta nella Babele dei linguaggi e nella giungla dei comportamenti di questa tormentata fase di transizione. O ancora: la denuncia della complementarietà tra corruzione e clientelismo (con un'analisi molto interessante del caso giapponese, ove le Koenkai, associazioni di supporto in cui si organizza la clientela di un deputato, contano da 10.000 a 30.000 membri in media!) impone una battaglia insieme culturale (sui valori di riferimento, sui diritti di cittadinanza, sull'uguaglianza dei punti di partenza) e politica (per la riduzione della possibilità di spesa, in particolare per le campagne elettorali) in netta controtendenza rispetto all'apparire sempre più frequente sulla scena politica dei vari tycoons e ai costi esorbitanti della politica spettacolo.
Altrettanto interessanti le analisi meno pacifiche e univoche. Se i casi raccolti nel volume dimostrano che la corruzione politica tende a essere frequente nelle aree in cui è forte l'intervento dello Stato, si riconosce nel contempo "che proprio i momenti di privatizzazione e deregulation - nei länder dell'Est o in Gran Bretagna o in Russia - sembrano caratterizzati da un aumento della corruzione". Così come il terreno più propizio alla corruzione è in alcuni casi il decentramento amministrativo (ad esempio in Giappone e in Italia), in altri la centralizzazione (il potere "monarchico" dei sindaci francesi); mentre i soggetti permeabili alla corruzione sono in alcune realtà i partiti "forti" o di "massa" (Germania, Italia), in altre quelli "deboli" o d'opinione.
Nell'introduzione viene opportunamente sottolineato che, al di là delle differenze, compaiono diversi riferimenti comuni: i meccanismi di scambio, le forme di patrimonialismo o le strutture arcaiche o rimodernate del nepotismo e del "clientelismo". Sono messi in gioco i valori fondativi del patto sociale e quindi della democrazia politica: principio di uguaglianza e di trasparenza, principio della distinzione dei poteri e degli interessi, concetto di interesse pubblico. Ma allora davvero non è solo questione di meccanismi e di istituzioni: è soprattutto in gioco un grande programma di riqualificazione della politica (e non solo).

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