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Philip Kolb che fu insieme a Bernard de Fallois tra i pionieri degli studi proustiani suscitò grande emozione tra i lettori della Recherche pubblicando, nel 1953, tutto quel che restava del dialogo epistolare tra il romanziere e sua madre. Il lettore d'oggi dispone, rispetto a quello del 1953, di numerose biografie dello scrittore e perfino di una biografia di quella donna intelligentissima, colta e spiritosa che fu sua madre (Evelyne Bloch-Dano, La signora Proust, Il Melangolo, 2007), ma quel che gli offre questo volume resta insostituibile. Si intrecciano, in un dialogo che alterna accenti di tenerezza infinita e momenti di duro contrasto, due voci incredibilmente affini: nel pensiero e nel linguaggio di Marcel, infatti, riaffiorano costantemente lo humour vivacissimo di Jeanne Weil-Proust, la sua dimestichezza con i classici del Grand Siècle, il suo tatto delicato. Le pagine introduttive di Francesco Orlando, omaggio purtroppo postumo del grande critico a uno degli scrittori da lui più amati, suggeriscono i percorsi più stimolanti da seguire nel testo: il rancore e l'idealizzazione per la figura materna, che reciprocamente si alimentano; il filo rosso della sollecitudine di Jeanne Proust per la malattia psicosomatica del figlio, costantemente indagata e spiata in tutte le sue manifestazioni; la profonda solidarietà morale che unisce Marcel e sua madre nei drammatici frangenti del caso Dreyfus e di fronte alla morte di alcune persone care, in particolare del dottor Proust. È proprio in alcune parole scritte da Proust in occasione della morte del padre, che Orlando identifica il punto più alto di queste pagine, impressionantemente prossimo alla prosa della Ricerca: "Fra gli occhi di mio padre e la vita, la nostra memoria tende il velo intangibile del Tempo. Essi non vedono niente della vita che scorre, e il loro sguardo di altri tempi si rivolge soltanto alle cose del passato che abbiamo conosciuto ( ) A meno che non siano ora riaperti, in un asilo celeste, per contemplare cose di sempre che a noi non è dato conoscere". Mariolina Bertini
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