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Un intenso carteggio tra l'autore e lo scrittore Hermann Hesse, negli anni in cui il Nazismo accendeva fuochi in tutta Europa.
recensione di Banchelli, E., L'Indice 1996, n. 4
La Sellerio coraggiosamente propone con questo titolo un Hesse contro corrente, cioè non ridotto a sdolcinato imbonitore del grande pubblico. Il volume presenta le lettere che "il saggio di Montagnola" e il fondatore della moderna scienza del mito si scambiarono nel corso di un'amicizia iniziata già negli anni trenta, ma destinata a consolidarsi a partire dal 1942, quando Kerényi lasciò l'Ungheria per la Svizzera. Fulcro del dialogo è la strenua difesa da parte di entrambi, anche se con strumenti diversi, delle possibilità di sopravvivenza dell'umanesimo. Hesse, che aveva posto al centro della sua opera matura la riconquista della pietas, cioè "del profondo rispetto dell'individuo e di ciò che egli è in grado di compiere e sopportare", appare a Kerényi l'incarnazione di una cultura, di un'arte vissute come religio, nel senso originario da lui attribuito al termine. Egli coglie con ciò uno dei nodi centrali del pensiero di Hesse, soprattutto in quei tardi anni, con la sua accorata rivendicazione di un ethos della devozione, del "servizio" al regno dello spirito.
Le lettere testimoniano però anche di temperamenti e di atteggiamenti molto differenti. Hesse, più anziano di Kerényi di dodici anni, ostenta il proprio ipocondriaco ritiro da un mondo che non risparmia critiche severe alle sue scelte ideologiche e forti riserve anche sul valore poetico delle sue opere. Mostra di seguire con interesse la ricerca dell'amico, sostenuto in questo anche dalla passione che la moglie Ninon nutriva per l'antichità greca e per lo studio del mito. Tuttavia le sue lettere non si avventurano mai troppo in profondità sul terreno dell'interlocutore; Hesse risponde alla complessità teorica di Kerényi esibendo una voluta, dimessa semplicità, che sapeva particolarmente apprezzata dal destinatario, il quale, difendendola dai molti detrattori, la elogiava come "purezza trasparente". Kerényi invece manifesta una estrema vitalità sia personale che intellettuale. Le sue lettere affrontano sempre con grande attenzione le opere di Hesse, tanto che spesso suggeriscono spunti critici assai stimolanti, data la sua particolare competenza rispetto ad alcuni importanti nuclei tematici hessiani, come quello della festa o del gioco, per non citarne che alcuni.
Le lettere offrono a Kerényi anche l'occasione per riflettere su un problema che gli stava molto a cuore in un periodo di intense amicizie con scrittori, in particolare con Thomas Mann, con il quale intratteneva in quegli stessi anni un fondamentale dialogo epistolare. Kerényi indaga in profondità l'identità dell'artista, le peculiarità del pensiero creativo rispetto a quello scientifico-analitico e ripetutamente esprime la sua gratitudine di intellettuale nei confronti del poeta per il suo essere un produttore di sogni, cioè di "'bugie' (per dirla all'antica) talmente pure, che ciò che è umano, l'unica cosa importante per noi uomini, si rivela... nel suo candore".
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