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Quando nel luglio 1914 scoppiò la prima guerra mondiale non solo si affrontarono le più moderne strutture belliche, ma anche, e soprattutto, i più complessi sistemi capitalistici. Ne derivò all’interno di ogni nazione quel processo di progressivo accertamento, da parte dello stato, dell’organizzazione delle risorse necessarie al proseguimento del conflitto. Si delineava in tal modo il declino dell’economia di mercato e la sua sostituzione con l’economia pianificata che si ispirava, pur negandola, all’ideologia socialista. Per reagire a questa impostazione, temuta dai circoli economici e finanziari per il periodo postbellico, da entrambe le parti in conflitto si accentuarono i legami tra le potenze alleate. Nasceva così il concetto di cooperazione interalleata, maggiormente sviluppato nel settore economico-finanziario in quanto era ormai divenuto chiaro che la guerra si sarebbe vinta con l’esaurimento del nemico. Concetto che raggiungeva la più concreta attuazione tra gli alleati dell’Intesa anche perché cooperazione voleva dire controllo. Controllo durante il periodo bellico delle potenze capitalistiche maggiori, Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, nei confronti delle più deboli e bisognose di aiuti, Italia e Russia. Controllo lungimirante, per il periodo postbellico, da parte delle stesse potenze che avrebbero dominato i mercati mondiali stroncando ogni resistenza da parte dei paesi nemici e degli ex alleati, asserviti dalle crescenti necessità di materie prime e dall’inasprimento dei contrasti sociali che porteranno il fascismo in Italia e il nazismo in Germania. Di questi motivi finora trascurati dalla storiografia sul primo conflitto mondiale, il presente volume, basato su documenti inediti felicemente fusi con la pubblicistica del tempo, rappresenta una lucida e originale sintesi.
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