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Anno edizione: 2005
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bellissima lettura
Detti, pensieri e opinioni memorabili di quel "vecchio saggio della montagna", che andava per la quarantina, di nome Franz, di cognome Kafka, di professione impiegato, raccolti dal giovane discepolo Gustav Janouch. Consigliato!
Pensate, lettori. Poche sono le occasioni in cui i cardini della storia si fermano ad intervistare i propri alfieri. Non conosciamo l'amico di Goethe, né il confidente di Platone. Nietzsche non ebbe amici - Dostoevskij era troppo lontano. Tolstoj era troppo Tolstoj. Qui, invece, un messo fatale, sorta di Mercurio olimpico disceso in terra a miracol mostrare: Gustav Janouch si fa ascoltatore, soppesa i rifiuti, centellina le lacrime, segue i passi dinoccolati di questo strano giurista praghese che tutti scambiavano per bambino. Prende carta e penna. Annota tutto, colto da una furia iconoclasta. Si rende conto di trovarsi di fronte ad un oracolo. Ecco cos'era Kafka, Un oracolo. Per questo non spiega alcun mistero, ma li porge soltanto all'attenzione degli uomini. Gustav Janouch è atterrito. Durante la seconda guerra mondiale, alle rovine di Praga resistono pochi fogli scampati alle fiamme. Sono i fogli di Janouch. Kafka è salvo! L'umanità è redenta. Ogni recensione dovrebbe nascondere più che confessare, ma io sono un ignoto, e allora parlo: ho versato numerose lacrime su queste pagine. L'intelligenza di quest'uomo era sconfinata. La sua disperazione era talmente sommessa da far tremare in modo tellurico la terra. La sua gentilezza era quasi brusca. Ma in queste pagine abbiamo Kafka. Non quello del processo, delle lettere, dei racconti, della colonia penale. Qui c'è solo Kafka. E tanto ci basta.
Recensioni
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