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Anno edizione: 2020
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Pubblicato nel 2006, dopo un lungo periodo di silenzio, «Against the Day» è una notevole operazione squisitamente pynchoniana nella quale l'autore riesce ancora una volta a delineare una dimensione storica parallela a quella conosciuta e per molti versi più ricca di senso perché, per quanto caotica, è pur sempre chiusa su se stessa. Usando diversi assi logici, Pynchon disegna una trama fatta soprattutto di fughe da un baricentro ipotetico, che credo debba individuarsi nel mistero del meteorite scoppiato sui cieli di Tunguska nel 1908. Il fatto che i personaggi principali viaggino su improbabili velivoli rifiutandosi di atterrare, è l'elemento simbolico che meglio mostra come si tratti di un libro-tangente alla realtà: i protagonisti si avvicinano al nostro mondo, ma non lo toccano mai, come nella teoria astrofisica delle brane. Una volta azionata questa giostra di prospettive (che bisogna accettare com'è altrimenti ci si perde nella vana ricerca di una narrazione portante), si comprende come il romanzo svolga in realtà una complessa riflessione sul tempo e sulla sua consistenza ontologica. Forse avrebbe potuto farlo anche in 500 pagine anziché in 1.100, ma Pynchon è ipertrofico in tutto. Lui è fatto così!
Ernesto, non sono d'accordo. Io questo libro lo considero proprio un capolavoro. Ed è un peccato che non lo si vada a leggere; forse perché la gente si fa spaventare dalla lunghezza, forse perché in Italia tutti si riempiono la bocca con Pynchon (voglio dire tutti quelli che fanno gli intenditori di letteratura), ma poi pochi se lo vanno a leggere, la maggior parte si ferma all'Incanto del lotto 49... insomma, a me è sembrato Pynchon al meglio della forma, con tutti gli anni che ha riesce sempre a colpire nel segno. Questo poi è proprio un romanzo politico: Scarsdale Vibe è il capitalismo internazionale di oggi, e gli anarchici sono le sue vittime (nel romanzo si fa chiaramente il discorso di attentati e atti terroristici che vengono imputati agli anarchici anche se poi loro non c'entravano niente, e questo mi ricorda un certo Pinelli, mai sentito nominare?). Comunque è un libro di grande importanza, che non si può sminuire come hai fatto tu.
Ah, ci siamo accorti che questo romanzo non è L'arcobaleno della gravità? E grazie, infatti il titolo è un altro ed è stato pubblicato più di trent'anni dopo. Scherzi a parte: a me non pare così scadente. Certo l'Arcobaleno aveva tutto il fascino della novità, ma se non altro lo stile di Pynchon nel frattempo si è fatto ancor più prezioso e raffinato. Se il Mason & Dixon si è inventato un inglese del Settecento riveduto e aggiornato per la fine del II millennio, qui lo scrittore si cimenta (non so fino a che punto si possa cogliere in traduzione) in un inglese vittoriano anche questo riveduto e aggiornato, e già questo sarebbe un tour de force spettacolare. Inoltre: il romanzo è uno strano mix di western, fantascienza alla Wells e Verne, romanzo d'appendice, melodramma, e in questo strano ibrido parla della Jugoslavia, dell'11 Settembre, della Guerra del Golfo, e di tante altre cose. Va preso per quel che è, una grande fantasmagoria di un secolo passato (l'Ottocento) che profetizza il secolo a venire (questo, il ventunesimo). Non sarà il massimo che Pynchon ha saputo dare, ma la seconda scelta di questo scrittore è sempre al di sopra del meglio di tanti altri...
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