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Perchè asserire che si intende mettere alla prova concetti estetici e per farlo occorre una critica dell'economia politica partendo dal consumo, per poi: 1)non fare riferimento all'economia politica stessa se non in modo a dir poco superficiale? 2) ignorare l'aspetto più perspicuo della merce: il prezzo? 3) prendere come esempi di comportamento critico di consumo, operazioni che del consumo non hanno nulla? 1) L'A. nell'introduzione critica la visione di Marx attraverso Derrida, ma nel resto del libro l'unico economista preso in considerazione è proprio Marx. L'economia marginalista più volte evocata rimane appunto "marginale" oltre che mal compresa. L'A. forse non sa che la teoria marginalista non solo non ha una teoria del valore ma è indifferente alla questione. In bibliografia infatti non c'è nemmeno un testo di economia. Eppure di testi economici e di economisti con cui confrontarsi su questi temi ad un livello alto ce ne sarebbero: Claudio Napoleoni, Luigi Pasinetti o Geminello Alvi. Di Napoleoni c'è un magnifico saggio: il ruolo del comsumo della teoria economica che forse avrebbe risolto molti dubbi del Nostro. 2) La merce ha un prezzo e serve denaro per comprarla, eppure il Nostro cade nel più ridicolo dei circoli postmoderni versione prosaica del posizionamento di prezzo che si trova in qualcìunque manuale di marketing: "il prezzo come espressione dell'intensità del desiderio": allora i poveri non desiderano? e il desiderio è inversamente proporzionale al reddito? 3) L'artista cinese, i designer olandesi e una rivista di satira dei costumi e della comunicazione giocano con la merce ma certo non la consumano! Sarei curioso di sapere come fanno l'artista cinese, i designer olandesi e gli autodi di adbusters a procurarsi le merci che consumano abitualmente: cibo, vestiti, viaggi, gadget tecnologici...Ma adesso non vorrei emulare il Moretti di Ecce Bombo.
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