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L'autore tenta alcune critiche al pensiero di Severino, non sfiorando però neppure uno degli aspetti base della sua filosofia, bensì prendendo di mira soltanto dei corollari della stessa. Il risultato è deludente, piuttosto semplicistico, blando, certamente molto ma molto al di sotto della potenza speculativa severiniana. Ritiene ad esempio che la filosofia severiniana implichi una forma di stoicismo poiché se tutto è necessario non resterebbe altro che la rassegnazione-accettazione, non avendo capito che ogni forma etico-comportamentale è sempre il risultato della fede di poter agire su se stessi e sugli eventi, fede implicante che ogni essente possa addivenire altro da sé, compreso quell'essente consistente nel "mio" comportamento, pertanto il presunto stoicismo severiniano è invece una delle possibili conseguenze non dello sguardo che vede l'eternità degli essenti bensì della fede nel divenire altro. Ennesimo libro critico contro Severino il quale però non raggiunge neanche di poco il risultato prefissosi.
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