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Un'autrice rivelazione regala un romanzo limpido ed avvincente.
Un’architettura che genera mutazioni nel comportamento umano, funzionali a rendere l’individuo felice. Questo è il progetto Bioma, teorizzato da Marta Fiani. A Tundra, la città-bioma perfetta, Diana vive nell’appartamento che fu della figlia di Marta, Lea. Diana, indagando tra le memorie di Lea – foto, lettere, quaderni – porterà alla luce il vissuto di Marta e di sua figlia, i ricordi, le aspirazioni e, soprattutto, il modo in cui il «modello Tundra» ha mutato le relazioni tra persone e la loro percezione del tempo – ma anche l’occasione per rispondere alla cruciale domanda: chi sono io? Un dramma futuribile al tempo stesso delicato e tagliente che rievoca le atmosfere di Don DeLillo e Solaris.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Configurazione Tundra è un romanzo distopico, un manuale di sopravvivenza, e un trattato di urbanistica. Per Le Corbusier, l'uomo è modulo e unità di misura; non è l'uomo che deve adeguarsi all'architettura e all'ambiente, non è l'uomo a doversi inserire in uno spazio. Eppure la stessa valenza scientifica si potrebbe dare alla teoria contraria: l'architettura, così come l'impianto di una città, influenzano moltissimo l'attività umana, dunque il modo in cui l'uomo si sposta e vive la città, dunque i suoi sentimenti primari, dunque la felicità o infelicità. Nel romanzo, l'architetto Marta Fiani, attraverso il progetto delle città-bioma, persegue l'obiettivo impossibile di costruirne una che, attraverso la forma, la funzione e la percezione, muta il comportamento umano fino a renderlo felice. Il risultato è una città lineare, che si muove su una retta infinita, simile a "La ciudad lineal" di Soria y Mata. Ma una retta infinita, per quanto elegante e attraente, presenta dei limiti. Primo fra tutti l'assenza di un vero centro che la rende monotona poiché replica di se stessa. Parallela alla condizione collettiva esiste quella individuale, che si riassume nella ricerca della propria identità, costruita anche e soprattutto sulla memoria. È quello che capita alla protagonista, Diana, che si ritrova a vivere immersa nei ricordi lasciati da Lea, la figlia di Marta Fiani, per la quale però, il concetto di "felicità costruita" è inafferrabile. Lea, a dispetto delle regole, nasconde nell sua vecchia casa, che viene assegnata a Diana, tracce. A Diana spetta l'arduo compito di rimettere insieme i pezzi, in quella che è di certo una ricostruzione dell'io. La scrittura di Elena seduce, in certi punti ferisce, perché infila le mani in quei solchi profondissimi che abbiamo, tutti. In altri odora di disinfettante e ordine. Di piscio. Borotalco. E ancora, disinfettante. Un libro in cui puoi perderti o ritrovarti, che puoi amare oppure no, come accade sempre con le cose immense.
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