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John Cherry definì il Simurgh un essere misto, come una chimera, fatto di un grande uccello e di un cane o un leone; che, chiamato anche Senmurv, viene associato alla fenice. E ce lo mostra raffigurato su di un disco tardo sassanide di argento dorato. A vederlo nella prospettiva di secoli come un uccello immortale, “che fa il nido fra i rami dell’Albero della Scienza”, è J.L. Borges (“Il libro degli esseri immaginari”); il quale aggiunge: “Burton lo compara all’aquila scandinava che, secondo l’EDDA MINORE, conosce molte cose e fa il nido tra i rami dell’Albero Cosmico, chiamato Yggdrasill”. Accanto a queste, sfogliando la letteratura, del Simurgh si potrebbero porre molte altre descrizioni; ma noi prenderemo l’accorciatoia, rappresentata dal bel libro di Peter Sís. Come avverte l’autore—e la stessa frase è pronunciata anche da un altro importante disegnatore, Maurice Sendak—il suo libro, che illustra il poema medievale persiano detto “Manṭiq ut-Ṭayr”, “Il verbo degli uccelli” o meglio, “Il dialogo...”, “La conferenza...”, nasce come libro per l’infanzia, ma “growing and growing” è divenuto un libro “for all ages”. E, probabilmente, conoscendo i lavori di Sís, lo era fin dal principio. L’autore del poema persiano, Farīd ad-Dīn ‘Attār, riprende nella figura del Simurgh, archetipico protagonista del libro, benché la conferenza sia diretta dall’upupa (alias ‘Attār stesso), l’uccello mitologico presente in molte tradizioni antiche, compresa quella islamica, pur essendo la sua origine l’“Avesta”, dove è detto Saen Morogha; ma in Pahlavi lo si chiamava anche Sen Murv o Simurgh: il signore e capo di tutti gli uccelli in quanto uccello primordiale. S. rappresenta qui il viaggio dell’anima con l’immagine del viaggio degli uccelli-anima verso il loro principe: dopo che i 30 uccelli hanno attraversato le alture e le valli dell’arduo sentiero, giungono presso il Simurgh e riconoscono che i 30 uccelli (persiano ‘sī murgh’) si identificano completamente con il Simurgh stesso...”
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