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Condorcet non solo come figura paradigmatica del legame tra i Lumi e la Rivoluzione, ma anche come uno dei padri fondatori del costituzionalismo moderno. È questo il profilo interpretativo scelto dall'autore per un saggio estremamente ricco e ben documentato, che ha il merito di utilizzare, oltre all'edizione princeps delle Oeuvres di Condorcet, anche altre fonti primarie finora ignorate dagli studiosi: l'opera pubblicistica, i contributi di divulgazione costituzionale, il dibattito giornalistico relativo al suo progetto di Costituzione repubblicana e, soprattutto, i manoscritti personali posseduti dalla biblioteca dellÆInstitut de France. La ricerca si muove essenzialmente lungo tre linee guida: il contributo fornito da Condorcet, nella fase prerivoluzionaria, alla definizione di una teoria della Costituzione antagonistica al modello anglosassone; la lettura del pensiero costituzionale del filosofo come "terza via" rispetto a Montesquieu e Rousseau, volta cioè a conciliare il pieno dispiegamento della democrazia con un'efficace strategia di limitazione dei poteri; infine, l'idea che la più matura riflessione costituzionale di Condorcet, e in particolar modo il progetto costituzionale elaborato nel 1793, configurino una seconda matrice, minoritaria e storicamente sconfitta, del giacobinismo. Dall'analisi di questi tre aspetti scaturisce una visione innovativa del pensiero di Condorcet, che prende criticamente le distanze dalle due principali letture ideologiche del Novecento: quella ultraliberale, che da Talmon a Baker e a Furet, individua in Condorcet una vittima del "totalitarismo" giacobino, e quella di ascendenza marxista, che traduce banalmente Condorcet nell'immagine caricaturale di un angusto interprete dei diritti borghesi.
Francesco Cassata
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