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Anno edizione: 2021
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Da assiduo lettore di romanzi, non ho potuto resistere alla promessa di osservare da vicino il processo della scrittura. Il saggio di Wood non si occupa di strutture narrative e non vuole essere un compendio storico-letterario. L'attenzione si focalizza sullo stile, sulla scelta dei dettagli e delle metafore che servono a costruire personaggi e mondi, dandoci un'impressione di verita' che va oltre le convenzioni del 'realismo'. Wood sostanzia le sue teorie con un'ampia serie di citazioni che partono da Flaubert (il suo prediletto) e Dostoevskij per arrivare a Saramago e al (da me) amato McEwan. Quel che resta al termine e' lo stimolo ad essere un lettore piu' attento ed esigente, capace di rilevare le qualita' estetiche della scrittura che danno sostanza all'oggetto della narrazione.
Questo è un libro che mi sento di consigliare a tutti quelli che amano la lettura di opere di narrativa e non si sono mai posti troppe domande sulle tecniche di scrittura e sulla loro evoluzione, ritenendo o di saperne abbastanza o che non serve conoscere i "trucchi del mestiere" degli autori. In realtà, al termine della lettura del libro di Wood, ci si ritrova con una bagaglio di conoscenze aumentato (se non si è addetti ai lavori o studenti di letteratura)e con una gran voglia di leggere... il che non mi pare poco. Il tutto in meno di 200 pagine e con uno stile mai banale nè pedante.
Questo ottimo saggio di James Wood ci fa riflettere in modo profondo sulle varie tecniche narrative, fino ad affrontare il cosiddetto "realismo commerciale" e cioè l'impronta pseudostilistica a cui si rifanno tanti romanzi che troviamo oggi nelle librerie. L'autore affronta temi come il linguaggio che lo scrittore deve far usare ai suoi personaggi, come deve essere articolato un dialogo, come rendere vivo un personaggio, l'uso e l'abuso dei dettagli, il realismo nel romanzo moderno. Ci illustra l'importanza del grande Gustave Flaubert nell'evoluzione della costruzione narrativa. E, immancabilmente, ci fa venire voglia di scrivere.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Recentemente soppiantata dall'attenzione volta a temi quali l'identità, il post-coloniale, l'etnia, ben riassunti nel conio polemico di Franco Moretti di distant reading, la grande tradizione del close-reading ritorna, col saggio di James Wood, in primo piano. Vi compaiono le canoniche domande sull'arte della narrativa che cosa implica il narrare? Che cos'è il punto di vista e come funziona? Che cos'è un personaggio? quanto realistico è il "realismo"? cui l'autore offre nuove, suggestive e pratiche, risposte. Nel ricostruire la storia del romanzo moderno lungo l'evoluzione delle tecniche, Wood segue il criterio morfologico che ne associa l'inizio alla rappresentazione dell'interiorità interna ai soliloqui del dramma shakespeariano. Il personaggio romanzesco nasce quando, da teatrale, il soliloquio si fa interiore, ciò che trasforma l'arte della caratterizzazione e, con quella, l'identità di "chi" vede il personaggio. Un filo lega Macbeth a Raskolnikov: se nel primo il soliloquio diventa pubblico solo in quanto è privato, via via che si complessifica la rappresentazione dell'interiorità, il dramma della coscienza si offre non più al pubblico ma allo scrutinio di noi lettori, come nel secondo. Liberato dall'obbligo dell'eloquenza, l'eroe ormai uomo comune lo è anche dall'obbligo di esplicitare le proprie motivazioni, diventa analista della motivazione inconscia, apre alle sperimentazioni del flusso di coscienza del romanzo novecentesco. Legata alla caratterizzazione del personaggio è l'altra svolta essenziale nell'evoluzione dell'arte del romanzo: la moltiplicazione dei punti di vista che, realizzata attraverso la tecnica del discorso indiretto libero inventata da Jane Austen, arriverà fino alle prime riflessioni poetologiche di Henry James. Una storia può essere raccontata in terza persona, da un narratore onnisciente ritenuto affidabile, o da un narratore in prima persona, inaffidabile in quanto tale. Wood dimostra quanto poco certe e universali siano queste canoniche distinzioni. La narrazione onnisciente dipende dal riferimento a un codice culturale condiviso in materia di realtà, e le crepe di tale codice si mostrano proprio quando la narrazione onnisciente si fonde con la voce del personaggio mediante la tecnica, appunto, dello stile indiretto libero, che allontana la narrazione dal narratore, crea incertezza sulla paternità dei pensieri espressi. Infine, il realismo. Contro la tendenza a confondere la convenzionalità del realismo con l'impossibilità di riferirsi ad alcunchè di veritiero, Wood ricorda che coerenza interna e plausibità sono più importanti, nel realismo, della correttezza referenziale; il desiderio di produrre un'arte che veda fedelmente "come vanno le cose", argomenta con James, è la "terraferma" dei romanzi. Giuliana Ferreccio
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