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Un'analisi minuziosa di una storia d'amore ormai finita e la descrizione del processo di catarsi che porta alla risalita dagli abissi della disperazione. Una prosa straordinariamente accurata, come nel romanzo di esordio di Besson, ma decisamente meno ricca di emozioni, che vengono distribuite col contagocce. Il personaggio principale, dotato di una fervida immaginazione (per non dire che si fa troppe seghe mentali), risulta a tratti patetico e prevedibile. Ma soprattutto, manca il colpo di scena finale di "E le altre sere verrai?". E perché no, anche quel finale aperto, in sospeso.
STUPENDO!
non sono d'accordo con i commenti negativi riportati... a me è piaciuto moltissimo... riga dopo riga, pagina dopo pagina, ho riletto quella che è stata la mia storia... sconvolgente... ma allo stesso tempo catartico....
Recensioni
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Più che la descrizione di una storia d'amore giunta al capolinea (che è quanto evoca il titolo italiano), questo romanzo di Besson è in verità la descrizione di un disinnamoramento. Liquidata da Clément, l'uomo che divideva con una fidanzata ufficiale, Louise, l'amante dunque, lascia Parigi per curare le proprie ferite all'estero. Insieme alla capitale francese, la donna abbandona il silenzio in cui si era rinchiusa dopo la separazione, iniziando una corrispondenza con l'uomo che continua ad amare. È dunque la forma epistolare il genere scelto da Besson per raccontarci questa storia di disamore che comincia all'Avana, prosegue a New York e a Venezia per terminare a Parigi, dopo un viaggio di venti ore sull'Orient-Express. Le lettere che Louise scrive durante i suoi spostamenti rimarranno tutte senza risposta. Argomento di questi scritti non è il viaggio né a dire il vero la relazione tra i due amanti, quanto piuttosto lo stato d'animo della donna che sviscera i propri sentimenti e analizza il suo ruolo nel rapporto ormai estinto. Inevitabile dunque chiedersi perché Louise, o l'autore che l'ha creata, non abbia preferito la forma, più consona all'oggetto, del diario a quella epistolare. Come riconosce infatti la stessa protagonista al termine del viaggio in treno, le missive indirizzate a Clément, con lo scopo apparente di scuoterlo e provocare una sua reazione, non sono altro che un "atto profondamente egoistico", un soliloquio camuffato sotto la forma dialogica della lettera. L'ostentata consapevolezza dell'autore di aver prodotto un testo estremamente autoreferenziale e individualistico spinge il lettore critico a interrogarsi sull'interesse (non parliamo nemmeno di utilità) di un testo del genere. Un libro certo ben scritto (ci complimentiamo sinceramente con Francesco Bruno per l'eccellente traduzione italiana), ma privo in apparenza di una salutare ambizione letteraria volta a cercare un senso nelle cose o a indagare con curiosità l'altro, il mondo.
Luigia Pattano
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