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Le colpe dei padri - Alessandro Perissinotto - copertina
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Le colpe dei padri
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Descrizione


Guido Marchisio, torinese, 46 anni, è un uomo arrivato. Dirigente di una multinazionale, appoggiato dai vertici, compagno di una donna molto più giovane e bellissima: la sua è una vita in continua ascesa. Fino al 26 ottobre 2011, una data che crea una frattura tra ciò che Guido è stato e quello che non potrà mai più essere. Quella mattina, infatti, un incontro non previsto insinua in lui il dubbio: possibile che esista da qualche parte un suo sosia, un gemello dimenticato, un suo doppio misterioso e sfuggente? Giorno dopo giorno, il dubbio diventa ossessione e l'esistenza dell'ingegner Marchisio inizia, prima piano poi sempre più velocemente, a percorrere la stessa rovinosa china della sua azienda e della sua città. Di tutte le sicurezze costruite col tempo, non rimane più nulla: il suo ruolo di freddo tagliatore di teste, di manager di successo, la sua figura di uomo affascinante, tutto, per colpa di quel sospetto, sembra scivolare via da lui, come se accompagnasse l'emorragia che lentamente svuota l'industria italiana. Andare a fondo significherà per Guido affacciarsi all'orlo di un baratro e accettare l'inaccettabile.
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Dettagli

2014
316 p., Rilegato
9788856640984

Valutazioni e recensioni

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Massimo F.
Recensioni: 3/5

Perissinotto fa leva sulla sua immensa capacità di narratore, per raccontare una storia umana e sociale che ha segnato il recente passato e che caratterizza il nostro presente. Il tutto in una Torino protagonista, nel bene e nel male. Non un capolavoro, ma sicuramente da leggere.

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Alinghi
Recensioni: 4/5

Primo anche per me...piacevole sorpresa. Indubbiamente ben scritto, perfetto il parallelo tra periodi storici diversi, avvincente il giusto e finale meno scontato del previsto. Romanzo godibile, certo non un libro indimenticabile ma sicuramente promosso

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nanni
Recensioni: 2/5

A mio avviso l'architettura del libro prevede da una parte i cattivi (che stanno nella supposta sezione giusta della società) e dall'altra parte i buoni (che stanno nella sezione sbagliata). Allora i cattivi mi sembrano essere una caricatura stereotipata; perché sono stupidi e crudeli fino in fondo. Non perseguono un obiettivo di rendimento aziendale di superamento di una crisi produttiva, ma sono ontologicamente in contrasto con la classe operaia perseguendo un fine di umiliazione e persecuzione della stessa. Ma ancora i cattivi amano ed hanno un gusto perverso per l'arma vista come un infantile e fascista modo di affermazione della propria personalità ovviamente perfida. E anche la rottura matrimoniale nei cattivi è frutto di appropriazione di un bene borghese, la ragazza giovane in sostituzione e non la trasgressione figlia della passione; ragazza che fra l'altro essendo compagna dei cattivi rincorre anch'ella valori freddi e vuoti. Che dire poi dei rapporti genitoriali fra cattivi: sono anaffettivi e borghesi. D'altra parte i buoni sparano, ma siamo portati a giustificarli se giudicati nel contesto in cui le vicende sono inserite. Ovviamente per i buoni le regole sono diverse il rapporto con le armi non è un antivalore, ma strumentale ad un'affermazione della propria posizione di lotta, ed ancora, la violenza non è qualificabile come tale, ma diventa una sana rivendicazione, un diritto naturale irrinunciabile; nei buoni i rapporti tra padre figlio e i rapporti personali sono improntati alla lealtà e schiettezza, privi di artificiosità, e così via. Ora tutto questo mi è sembrato forzato e frutto ideologico che mal si attaglia ad un'analisi serena di un contesto sociale difficile. E veniamo alla storia, mi sembra un po' confusa, abbastanza surreale, quasi a rafforzare la demenza del protagonista Guido proiettato in un'altra dimensione e stupidamente inconsapevole; ciononostante avrebbe un suo gusto, ma poi scema un po' nel finale che mi sembra forzato e banale.

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Conosci l'autore

Alessandro Perissinotto

1964, Torino

Alessandro Perissinotto nasce a Torino nel 1964. Pratica vari mestieri e, intanto, si laurea in Lettere nel 1992 con un tesi in semiotica. Inizia quindi un’intensa attività di ricerca, occupandosi di semiologia della fiaba, di multimedialità e di didattica della letteratura. È docente nell'Università di Torino.Collabora inoltre con il quotidiano "La Stampa", per il quale scrive articoli e racconti che appaiono sul supplemento "TorinoSette", e con "Il Mattino" di Napoli. Approda alla narrativa nel 1997 con il romanzo poliziesco L’anno che uccisero Rosetta (Sellerio), al quale fanno seguito La canzone di Colombano e Treno 8017 (Sellerio, 2000 e 2003). Nel 2004 pubblica per Rizzoli il noir epistolare Al mio giudice (Premio Grinzane Cavour 2005 per la Narrativa...

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