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Come dichiara l'autrice, il libro indaga "il significato del colonialismo per gli italiani in termini di mascolinità, cioè di modelli,d'identità, di esperienze e di rappresentazioni maschili" in Africa orientale nel periodo 1935-1941. Senza dubbio siamo di fronte a un coraggioso e interessante tentativo, condotto in parte su fonti inedite, di esaminare un aspetto poco studiato del colonialismo italiano. Tuttavia sono necessarie alcune osservazioni. Con il concetto di mascolinità, antitradizionale ed estensivo, adottato dall'autrice, l'ambito di riferimento diviene molto ampio, ma si favoriscono anche sviluppi piuttosto deboli (si veda p.es. la parte sull' "Africa dei civili"). Inoltre l'analisi trascorre disinvoltamente, in diverse occasioni, dal piano soggettivo delle concezioni e dei sentimenti a quello oggettivo dei comportamenti e dei fatti, e viceversa. Certo l'approccio della ricerca è interdisciplinare, ma si può dubitare che la sua applicazione sia stata la migliore possibile. Sono discutibili anche altri punti, di minor rilievo. Non si comprende infatti perché si trattino certi aspetti della propaganda coloniale, come il famoso "posto al sole", che si rivolgevano non ai maschi ma all'intera collettività, né perché si citino in proposito diverse testimonianze femminili. La cura degli ascari per la divisa, poi, viene interpretata come un elemento di femminilizzazione, mentre rivela semmai un orgoglio tipicamente maschile per l'appartenenza al corpo militare, che la divisa simboleggia. Veramente mediocri infine alcune testimonianze su cui si basa il ritratto del viceré Graziani. Comunque nel suo complesso il libro non è privo di utilità, diverse conclusioni sono acute e condivisibili, anche se il linguaggio è talora un po' arduo.
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