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Un film inglese del 1965, altamente drammatico, girato in bianco e nero (il che lo rende più cupo), magistralmente diretto da Sidney Lumet, con un cast di bravissimi attori britannici, tra i quali spicca Sean Connery, in un ruolo che mette in luce tutta la sua bravura di attore
Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, il film è una potente denuncia antimilitarista, anche se più che contro la guerra, si schiera contro i metodi del potere, e soprattutto contro i suoi abusi. La scena si svolge tutta in un campo di prigionia britannico dove i detenuti sono tormentati fisicamente e psicologicamente da carcerieri militari, che li disprezzano per le colpe di cui si sono macchiati: dal semplice furto, alla rissa, fino alla codardia, considerata ovviamente la più grave. Ma conoscendo da vicino guardie e prigionieri, ci si rende ben presto conto che la vigliaccheria più grande appartiene ai secondini, sadici fanatici convinti di poter raddrizzare i prigionieri con la forza, per farne dei veri soldati. In realtà nel film di Lumet c’è molto di più: un approfondito studio psicologico dei personaggi, in tutte le loro sfumature, ne fa un’impietosa carrellata delle debolezze umane. Persino gli aguzzini si differenziano tra loro, pur nel cieco rispetto della disciplina che li contraddistingue, perché “senza disciplina non esisterebbe un esercito”: Wilson, il sergente maggiore, è duro perché convinto che sia necessario, il sergente Williams sceglie la prepotenza come forma di rivalsa personale, Harris invece conserva ancora una parvenza di umanità. Mentre sui carcerati incombe l’ombra minacciosa della collina, pena disumana e intollerabile, non manca neppure un vago tentativo di assoluzione di tanta insensata crudeltà, proprio nelle parole del soldato Roberts, vittima designata di quella stessa violenza: “Qui le guardie sono prigioniere come noi”. Prigioniere del caldo asfissiante che toglie il respiro e annebbia la mente, ma ancor più prigioniere di quella ferrea disciplina che li costringe a far tacere le proprie coscienze. Se lo spettatore si aspetta il trionfo della giustizia sul finale, rimarrà deluso: la conclusione è l’unico possibile epilogo di tanta assurda follia. Per chi ama Sean Connery, una chicca da non perdere assolutamente.
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