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Un romanzo storico, ma anche autobiografico, questo in sintesi il mio personale giudizio. Un romanzo storico per via delle ambientazioni, ci troviamo sull’Isola di Cefalonia in Grecia e anche per i riferimenti degli avvenimenti ben precisi, senza date ma sicuramente riconducibili all’evento. Credo che sia anche un romanzo autobiografico dell’autore, perché nella prima parte fa riferimento all’attività dello stesso nella vita quotidiana. Il romanzo si legge con scorrevolezza e con forti emozioni, quasi che il lettore sia presente al colloquio tra il giornalista e il reduce, Salvatore Di Rado. L’opera prima di Emiliano D’Alessandro è un romanzo interessante di una storia troppo spesso caduta nell’oblio.
Si può parlare in tanti modi di un evento drammatico come l’eccidio di Cefalonia, anche attraverso un romanzo, ed è quello che ha fatto Emiliano D’Alessandro con quest’opera necessaria non solo per ricordare, ma anche per riconfermare quali sono gli autentici valori della vita. Fra l’altro, il personaggio principale, Salvatore Di Rado, è stato veramente coinvolto nella strage di Cefalonia e nell’occasione riuscì a sopravvivere alla fucilazione, che occupa le prime pagine del libro, un’esperienza agghiacciante raccontata con grande abilità e che riesce a renderci presenti di fronte al plotone di esecuzione. Il romanzo, poi, si evolve in una lunga intervista di un giornalista (Emiliano D’Alessandro) appunto al superstite, una continua serie di passaggi fra quel lontano passato mai dimenticato e il presente, il tutto in una notte. Ciò che stupisce maggiormente però in questa narrazione sobria, asciutta, mai incline alla retorica, sono le osservazioni, le riflessioni del protagonista sulla vita che condusse, fino alla liberazione, con gli abitanti di uno sperduto paese di Cefalonia, ex nemici che non esitano ad aiutarlo, con quella semplicità e con quel senso della carità che sono proprie di comunità immuni dalla civiltà occidentale votata al denaro. Troviamo così uno spaccato di esistenza dove l’uomo è parte paritaria con la natura e dove i valori fondamentali di ogni società non hanno avuto modifiche, proprio perché lì il progresso del XX secolo non è arrivato. Si può dire che questo contatto con una realtà diversa, con una dimensione più umana, fa rinascere un’altra volta Salvatore Di Rado. La collina dei fuochi fatui è un romanzo di eccellente livello, piacevolissimo da leggere, tanto che ne raccomando vivamente la lettura.
Non è solo un racconto contro la guerra: è un inno alla vita liberata dai fantasmi della guerra. Salvatore, un abruzzese forte e gentile, rievoca, a sessant’anni di distanza dai fatti, la sua avventura in terra di Cefalonia, stupenda isola greca. Nell’arco della notte che Salvatore dedica ai suoi ricordi perché non se ne perdano traccia, il giovane cronista, destinatario del racconto, rimane profondamente suggestionato dai profumi e dalle immagini dell’isola, bagnata dal magico Ionio e riscaldata dal sole del Mediterraneo. Isola che ospitò, durante la seconda guerra mondiale, la Divisione Acqui, composta da dodicimila italiani giustiziati barbaramente dai tedeschi. I giovanissimi militari, al momento dell’armistizio firmato da Badoglio, si trasformarono, agli occhi degli ex alleati del Duce, in vili traditori da passare alle armi, corollario dell’infame legge sottesa alla guerra, ancora oggi ritenuta mezzo idoneo per la (falsa) risoluzione dei problemi. Immaginate, sul verde di una collina soprastante il mare azzurro, i volti dei soldati ventenni abbracciati l’uno all’altro, secondo l’orrendo copione delle esecuzioni; immaginateli nell’istante che guardano in faccia la morte mentre attendono per alcuni indefinibili secondi lo sparo che porrà fine alla loro esistenza. Le emozioni del giovane Salvatore, uno dei dodicimila uomini della sfortunata Divisione Acqui, coinvolgono l’autore al punto tale che egli riesce a trasmettere molto bene al lettore l’empatia provata. Stile discorsivo raffinato e continui colpi di scena rendono il libro un autentico capolavoro e rivolgo a Emiliano D’Alessandro i migliori auguri per un successo pienamente meritato.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Emiliano D'Alessandro, attraverso una narrazione concreta, racconta l'oscura tragedia che ha visto come protagonisti dodicimila ragazzi del nostro regio esercito, i "figli di mamma" della Divisione Acqui del generale Antonio Gandin stanziata sull'isola di Cefalonia in Grecia. Era il mese di settembre del 1943 quando si doveva decidere se cedere le armi ai tedeschi o "resistere" per onorare la Patria: prevalse l'idea che "sull'arma si cade ma non si cede", e così avvenne! Un affascinante reportage sul nostro passato, un'utile retrospettiva per mettere a fuoco un avvenimento che attende ancora di definire il proprio ruolo nella storia di quegli anni, ma anche la vicenda personale e umana di Salvatore Di Rado, ancora troppo giovane per morire, forse l'unico "superstite fucilato" della seconda guerra mondiale, testimone della propria odissea illuminata da un imprevisto amore tormentato, da un'amicizia che si consolida giorno dopo giorno e dalla visione di luoghi incantati. Attraverso il protagonista, simbolo della gioventù sacrificata, abbandonata e infine dimenticata, il romanzo rievoca la storia italiana e una guerra sciagurata che il mondo sembra aver voluto dimenticare. Una singolare narrazione dove ogni vicenda ne ingoia un'altra, per poi precipitare e ribollire tutte insieme nel calderone caricaturale della storia ormai defraudata da un qualunquismo dilagante. Un testo coinvolgente, che risveglia la coscienza civile, a tratti brillante e ironico, ma soprattutto un atto di verità che ricostruisce da un'angolazione inedita una tragedia mai abbastanza indagata.
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