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Anno edizione: 2019
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Isabella mi ha avvicinato, con i suoi versi semplici e eleganti, alla poesia. La poesia mi è sempre sembrato qualcosa di irraggiungibile e, per questo, non mi sono mai sforzata. Quando una mia amica, però, mi ha prestato questo libriccino di pochissime pagine, ho scoperto un mondo. Ho scoperto che una persona che non conosci, in pochi versi, può dare voce alle tue emozioni e a delle situazioni che, a quanto pare, sono universali. Isabella, se mai dovessi leggere queste poche righe, grazie.
Isabella Leardini è una poetessa molto modesta. Stile mediocre, linguaggio bolso, energia zero. Questo libretto è la prova evidente della sua inettitudine letteraria.
"Versi inquieti e luminosi", secondo Milo De Angelis che scrive la prefazione a questo libro della poetessa riminese Isabella Leardini (1978). E ancora " energia inconciliata, briosa, trepidante, con quel suo respiro d'infinita adolescenza". Versi giovani, quindi, che della giovinezza hanno l'impeto e l'abbandono, le scoratezze e le improvvise accensioni: "Dovrebbe essere tutta un'altra cosa/ la giovinezza", "e arriva quel brivido/ che è tutta la mia giovinezza". Un'età segnata già dalla disillusione sentimentale, da attese destinate a rivelarsi eterne, in un amore non ricambiato e lasciato illanguidire. Senza disperazione, ma con amara accettazione: "riavvolgere le parole come un nastro", "una dolcezza che mi taglia le vertebre". L'altro, l'amato, non capisce, si allontana più con indifferenza che con crudeltà: "Vai via come l'estate senza peso", " Se rallento la rincorsa del respiro/ sotto i giri delle mani/ è perché tu non ti accorga che si spezza", "tu non sai neanche/ di aver mancato un altro appuntamento". La stagione più raccontata è l'estate, il paesaggio più descritto il mare, il fenomeno meteorologico più incombente il vento: in un movimento continuo ma discreto, senza sobbalzi o violenze. Quasi che la poesia volesse accordarsi alla pacatezza di una delusione che trova conforto solo nella musicalità dei versi. Che infatti hanno spesso la dolce e piana cadenza degli endecasillabi: "Ti perdo come sempre con il freddo", "E' questo riconoscersi di anni", "Avrei voluto rimanerti in testa". Una poesia matura e sicura della sua voce, che sa riempire di sé ogni attesa, nella speranza di una rivelazione e di un incontro, di qualcosa che sappia ancorare la vita a una risposta, a una certezza: "Anche così ci si alza e si vive/, come svuotando e riempiendo la casa/ non di sé ma dell'arrivo di qualcuno".
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