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scheda di Cavaglion, A. L'Indice del 2000, n. 04
La rivista svizzera "Coenobium" (1906-1918), diretta da Enrico Bignami, portava alle ultime conseguenze un'idea che, nell'Ottocento francese e italiano, aveva avuto fortuna nell'ambito del socialismo utopistico. Bignami in verità non faceva altro che applicare alla sua creatura un ideale antico, ritornato in auge ai tempi della sua giovinezza garibaldina: l'idea del "convento laico", ossia del "coenobium" - luogo d'incontro di frati filosofi che, sul modello del simposio platonico, si riuniscono per progettare una riforma della società di tipo etico-religioso. Si trattava, invero, di un'utopia temporanea, vagheggiata da romanzieri, artisti e intellettuali non dimentichi dei loro doveri, ma desiderosi di allontanarsi per qualche tempo dalla mischia e dalla lotta politica. L'archetipo era costituito dall'Abbazia di Thélème di Rabelais, ma le ramificazioni in età moderna e contemporanea sono ancora tutte da verificare: gli "anacoreti del deserto" di Anatole France, gli Assembly Grounds di William James, gli scritti politici e letterari di Edouard Bellamy, la fortuna socialista dell'ethos religioso di Tolstoj e di Africano Spir, Quo vadis? di Henri Sienkiewitz. Che l'epicentro della rivoluzione "cenobitica" dovesse diventare la Svizzera pare ovvio, soprattutto se si pensa al ruolo che nel Canton Ticino ebbero non pochi intellettuali lombardi esuli dopo le persecuzioni del 1898. Daniela Fabello ha ricostruito con grande perizia i retroscena ticinesi che portarono alla fondazione di questa rivista primo-novecentesca, antitetica rispetto alla consolidata linea delle riviste prezzoliniane e papiniane. Questo lavoro - che si avvale nell'appendice di alcuni documenti e carteggi inediti di grande interesse - rievoca il mito del "convento laico", che sedurrà nel Novecento due scrittori come Arthur Koestler (Les call-girls) e Leonardo Sciascia (Todo modo), ma che ebbe nel secolo scorso una doppia valenza (sociale e religiosa) e una triplice paternità: Bignami appunto, Giuseppe Rensi, e soprattutto Arcangelo Ghisleri, di professione geografo, che ipotizzò un atlante di quella "religione laica" che avrà in Piemonte, in Camillo Olivetti e in Piero Martinetti, i suoi figli migliori.
Alberto Cavaglion
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