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scheda di Castelnuovo, G., L'Indice 1994, n. 9
Clero e guerra sono due concetti che, nel patrimonio delle idee ricevute sul medioevo, sono da sempre agli antipodi. Quando si scopre che non è così, se ne deduce una degenerazione dell'ideale cristiano e un imbarbarimento del clero. Questo libro dimostra con forza e intelligenza quanto tale assunto sia errato. Il suo scopo è capire come e spiegare perché nell'alto medioevo vescovi e abati andassero in guerra senza che ciò creasse particolari turbamenti a loro e agli altri. L'autore si sforza di non perdere mai di vista i legami fra religione e potere, fra l'alto clero e le élites laiche, ricostruendo vividamente gli sviluppi della società politica franca per oltre cinque secoli. Tre grandi tappe scandiscono l'istituzionalizzazione degli obblighi militari di vescovi e abati. Dapprima i prelati merovingi - reclutati nell'aristocrazia gallo-romana, potenti sulle città e quindi pilastri del regno franco accanto alle aristocrazie militari germaniche - vanno in guerra per scelta propria: è questa una possibilità, non un obbligo. L'obbligo è soltanto nella seconda fase, quella carolingia, in cui i vescovi, considerati in qualche modo parte dell'apparato pubblico, agiscono come un'aristocrazia regia in veste ecclesiastica, e in cui l'imperatore ne istituzionalizza, tramite i legami vassallatici, gli obblighi militari. Infine la terza tappa, tutta ottoniana, dà alla statalizzazione ecclesiastica una definizione legale. Si crea così un vero sistema di potere che si sforza di "cristianizzare" e di legittimare culturalmente l'attività bellica dell'alto clero.
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